“La nuova sospensione degli obblighi di riduzione del capitale sociale nella legislazione di emergenza Covid-19” è il titolo dello Studio n. 88-2021/I, elaborato dal Consiglio Nazionale del Notariato e pubblicato sul sito del CNN ieri, 18 maggio 2021.
Il documento è dedicato alle disposizioni temporanee in materia di riduzione di capitale e sospensione delle perdite, emanate nell’ambito della normativa emergenziale da Coronavirus.
Viene analizzato, in particolare, l’art. 6, del DL n. 23/2020, per come modificato dalla Legge n. 178/2020, il quale, si rammenta, dispone la sospensione:
Il testo attualmente in vigore è il seguente: “Art. 6. - (Disposizioni temporanee in materia di riduzione di capitale) - 1. Per le perdite emerse nell’esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020 non si applicano gli articoli 2446, secondo e terzo comma, 2447, 2482-bis, quarto, quinto e sesto comma, e 2482-ter del codice civile e non opera la causa di scioglimento della società per riduzione o perdita del capitale sociale di cui agli articoli 2484, primo comma, numero 4), e 2545-duodecies del codice civile”.
Gli autori dello studio si occupano, in primo luogo, di analizzare i rapporti intercorrenti tra i diversi commi della disposizione, ritenendo maggiormente condivisa la soluzione che considera il primo comma come volto ad individuare la fattispecie, cui si applica la disciplina delineata nei commi seguenti.
Vi sarebbe, così, “la possibilità, per le perdite di cui al primo comma, di rinviare al quinto esercizio successivo - o meglio, all’assemblea che approva il bilancio del quinto esercizio successivo - la deliberazione in ordine alla riduzione del capitale (ovvero alla ricapitalizzazione, trasformazione o scioglimento)”.
A seguire, viene fatto riferimento alla nozione di “perdite emerse” nell’esercizio di riferimento che, secondo i notai, andrebbe intesa nel senso di perdite “rilevate” nel bilancio di esercizio, comprendendo, dunque, in tale novero tutte le perdite presenti nel bilancio, idonee ad incidere sul capitale sociale, anche se portate a nuovo da esercizi precedenti.
La norma, infatti, dovrebbe essere interpretata alla luce del coordinamento con la disciplina previgente, del contesto complessivo in cui essa è emanata e del principio di parità di trattamento tra imprese.
L’ipotesi prospettata terrebbe conto dell’intento del legislatore di voler considerare non solo le esigenze delle imprese che si trovano a fronteggiare perdite del tutto imprevedibili dovute allo scoppio della pandemia, ma anche di quelle alle prese con difficoltà di reperimento di capitali, per la peculiare situazione dei mercati.
Senza contare che si consentirebbe alle imprese aventi esercizi non coincidenti con l’anno solare, di computare anche le perdite prodottesi durante i primi mesi del 2020, in particolare durante il primo lockdown, “caratterizzato dalla produzione di perdite elevate e del tutto inattese, per l’improvvisa sospensione di un elevato numero di attività economiche”.
Le perdite considerate dalla norma “non sono computate unicamente ai fini della norma emergenziale citata, che consente di posticipare gli obblighi di ricapitalizzazione, mentre di esse si terrà normalmente conto in tutte le altre circostanze in cui viene in questione, normativamente, l’effettiva entità del patrimonio netto”.
In conclusione, secondo lo studio il legislatore avrebbe introdotto una disciplina di maggior favore per le imprese, concedendo alle società un maggiore lasso temporale per poter procedere agli adempimenti dovuti in caso di perdita rilevante del capitale, senza incidere in via generale sul sistema del capitale sociale.
Sulla tematica della riduzione di capitale e della sospensione delle perdite disposta nell’ambito dell’emergenza Covid si ricordano gli orientamenti recentemente elaborati dal Notariato del Triveneto e la massima del Consiglio Notarile di Milano.
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