Il divieto di sopraelevazione per inidoneità delle condizioni statiche dell'edificio riguarda sia le ipotesi in cui le strutture dell'edificio non consentano di sopportarne il peso, sia il caso in cui le strutture siano tali che, una volta elevato il nuovo piano, non permettano di sopportare l'urto di forze in movimento quali le sollecitazioni di origine sismica.
Difatti, le particolari cautele tecniche che le leggi antisismiche prescrivono nella sopraelevazione degli edifici, in ragione delle caratteristiche del territorio, sono da ritenersi integrative dell'articolo 1127, comma 2, del Codice civile, concernente le costruzioni sopra l'ultimo piano dell’edificio.
Ne discende che la loro inosservanza determina una presunzione di pericolosità della sopraelevazione, presunzione che può essere vinta unicamente mediante la prova, incombente sull'autore della “nuova fabbrica”, che la sopraelevazione e la struttura sottostante siano entrambe idonee a fronteggiare il rischio sismico.
La domanda di demolizione del piano aggiunto, pertanto, può essere paralizzata solamente dalla dimostrazione che non solo la sopraelevazione, ma anche la struttura sottostante sia adeguata a fronteggiare il rischio sismico.
E se detta prova non è acquisita, il diritto di sopraelevare non può sorgere in quanto la condizione di liceità della sopraelevazione è la verifica che il fabbricato sia stato reso conforme alle prescrizioni tecniche della legislazione speciale.
Si devono, quindi, acquisire elementi sufficienti a dimostrare scientificamente la sicurezza antisismica della sopraelevazione e dell’edificio sottostante.
E in detto contesto, deve ritenersi che non abbia rilievo determinante, ai fini della valutazione della legittimità delle opere sotto il profilo del pregiudizio statico, il conseguimento della concessione edilizia relativa ai corpi di fabbrica elevati sul terrazzo dell'edificio.
I principi richiamati sono stati ribaditi dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 23256 del 15 novembre 2016.
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