Con la circolare 8/E dello scorso 14 luglio 2021, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti interpretativi riguardo l’ambito applicativo delle disposizioni in tema di modalità di restituzione al sostituto di somme indebitamente percepite, assoggettate a tassazione in anni precedenti. Come noto, l’articolo 150 decreto “Rilancio”, al fine di evitare l’insorgere di contenziosi tra datori di lavoro e dipendenti tenuti alla restituzione delle predette somme, ha introdotto nell’articolo 10 del Tuir il “comma 2-bis” con il quale è stata prevista la modalità di restituzione “al netto” delle ritenute fiscali, in aggiunta a quella al “lordo” già prevista dall’articolo 10 comma 1, lettera d-bis) del Tuir. In modo speculare, al sostituto d’imposta che ha versato all’erario la ritenuta e che ha avuto in restituzione le somme al netto della stessa, spetta un credito d’imposta nella misura del 30% delle somme ricevute, utilizzabile in compensazione senza limiti di importo. Ulteriore punto oggetto di chiarimento ha riguardato l’applicazione retroattiva della norma.
Punto di partenza dell’analisi è, di certo, la norma dell’articolo 10, comma 1, lettera d-bis) del Tuir.
La versione originaria della norma - in vigore fino al 31.12.2012 - stabiliva che «Dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente […] le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti». Al riguardo, la circolare n. 326/E/1997 ha precisato che, con tale onere deducibile (di importo pari alla somma precedentemente assoggettata a tassazione e, successivamente, rimborsata al soggetto erogatore), il contribuente recupera le imposte pagate al momento della percezione delle somme. Trattasi di una disposizione che non riguarda soltanto i redditi di lavoro dipendente bensì tutti i redditi assoggettati a tassazione con il criterio di cassa e, quindi, anche i compensi di lavoro autonomo professionale o altri redditi di lavoro autonomo (es. diritti di autore, etc.) nonché redditi diversi.
In particolare, l’articolo 10, comma 1, lettera d-bis) del Tuir si applica alle somme oggetto di restituzione, sia assoggettate a ritenuta a titolo di imposta (ovvero ad imposta sostitutiva) o a titolo di acconto, sia assoggettate ad Irpef in sede di dichiarazione dei redditi. Tali somme costituiscono un onere “deducibile” indipendentemente dalla modalità di tassazione (anche separata) subìta. Tuttavia, al fine di consentire il recupero delle imposte versate al momento della percezione delle somme, anche qualora il reddito complessivo del periodo d’imposta in cui sono restituite fosse incapiente, è stata modificata detta norma (con il comma 174 dell’art. 1, della L.147/2013) a partire dal 1° gennaio 2013.
Nel confermare la deducibilità delle somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti, la nuova disposizione ha previsto che «L’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze», che è stato emanato il 5 aprile 2016. Quest’ultimo ha stabilito che - in alternativa alla deducibilità dal reddito dei periodi d’imposta successivi - il contribuente può chiedere il rimborso (irrevocabile) dell’importo determinato applicando all’intero ammontare delle somme non dedotte l’aliquota corrispondente al primo scaglione di reddito.
Quindi, con l’articolo 10, comma 1, lett. d-bis) del Tuir sono deducibili dal reddito complessivo le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione (anche separata) in anni precedenti, nel presupposto che la restituzione delle somme sia avvenuta al lordo delle ritenute fiscali operate all’atto del pagamento. Questa norma ha, però, generato un contrasto giurisprudenziale tra i sostituti che pretendevano la restituzione delle somme indebitamente erogate al lordo delle ritenute e quelli che ritenevano di dover restituire tali somme al netto delle ritenute. Come evidenziato nella relazione illustrativa al D.L. n.34/2020, l’indirizzo giurisprudenziale “prevalente” riteneva che “la ripetizione dell’indebito nei confronti del percettore non può che avere ad oggetto le somme che questi abbia effettivamente percepito in eccesso, non potendosi pretendere la restituzione di importi al lordo di ritenute fiscali mai entrate nella sfera patrimoniale del percettore” (ad es. Cassazione, Sez. Lav., n. 19735/2018). Pertanto, il datore ha diritto di ripetere quanto il dipendente abbia effettivamente percepito (somma netta) e non anche le ritenute fiscali operate quale sostituto d’imposta e mai entrate nella sfera patrimoniale del dipendente.
Con il decreto “Rilancio” - inserendo nel corpo dell’articolo 10 del Tuir il “comma 2-bis” - il legislatore ha ora stabilito che: «Le somme di cui alla lettera d-bis) del comma 1, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al netto della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili». Con tale disposizione, si è inteso disciplinare una modalità di restituzione delle somme già assoggettate a tassazione, che si “aggiunge” a quella già prevista (al “lordo” della ritenuta) dalla citata lettera d-bis), disponendo la restituzione al “netto” della ritenuta. Quindi, le somme percepite, se assoggettate a ritenuta, sono restituite al soggetto erogatore “al netto” della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili.
Con la norma attuale sono, pertanto, previste due distinte modalità di restituzione delle somme, in quanto:
Sul piano operativo, l’Agenzia ha precisato che la restituzione al “netto” della ritenuta può riguardare somme che sono state assoggettate a “qualsiasi titolo”, a ritenuta alla fonte, nonostante la rubrica dell’articolo 150 faccia riferimento esclusivamente alle «ritenute alla fonte a titolo di acconto». Conseguentemente, la nuova disposizione può trovare applicazione, ad esempio, anche in caso di restituzione di somme assoggettate ad imposta sostitutiva (ad esempio restituzione di un premio di risultato assoggettato all’imposta sostitutiva del 10%).
Due strade per la restituzione delle somme erogate |
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articolo 10, comma 1, lett. d-bis) del TUIR |
articolo 10, comma 2-bis |
Sono deducibili dal reddito complessivo le somme restituite al soggetto erogatore, se assoggettate a tassazione in anni precedenti, nel presupposto che il sostituto restituisca somme che non erano state assoggettare a ritenuta fiscale. L’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, è possibile chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto. |
Le somme di cui alla lettera d-bis) del comma 1, se assoggettate a ritenuta fiscale, sono restituite “al netto” della ritenuta subita e non costituiscono oneri deducibili. |
La nuova disposizione, quindi, interviene nel solco di un orientamento giurisprudenziale consolidatosi negli ultimi anni in base al quale la restituzione de quo deve riguardare solo le somme “effettivamente” percepite dal contribuente ovvero quelle entrate nella concreta disponibilità del percettore.
Al fine di determinare l’importo “netto” da restituire, in particolare nel caso in cui l’indebito sia relativo ad una parte della somma complessivamente erogata in anni precedenti, il sostituto sarà tenuto a sottrarre dall’importo lordo che il contribuente è tenuto a corrispondere, “la quota parte delle ritenute operate ai fini Irpef, proporzionalmente riferibili all’indebito”. Quindi, le somme da restituire devono essere calcolate al netto della ritenuta Irpef subita nonché delle ritenute applicate a titolo di addizionali all’Irpef.
Ad esempio, se il sostituto d’imposta ha erogato nel 2019 un importo di 28.000 euro, operando ritenute a titolo Irpef di 6.960 euro, e nel 2021 richiede la restituzione di un quarto della somma erogata (28.000 x 1/4) ovvero 7.000 euro, al fine di stabilire l’importo “netto” oggetto di restituzione, il sostituto dovrà sottrarre da tale ultimo importo un quarto delle ritenute Irpef operate, che nel caso è pari ad 1.740 euro (6.960 x 1/4). Conseguentemente, l’importo dell’indebito, al netto delle ritenute Irpef, sarà pari a 5.260 euro (7.000-1.740). Si fa presente che le somme da restituire vanno calcolate al netto della ritenuta Irpef subita nonché delle ritenute applicate a titolo di addizionali all’Irpef.
La nuova norma ha disciplinato anche le modalità con le quali il sostituto d’imposta recupera le ritenute Irpef versate all’Erario all’atto della corresponsione delle somme, riconoscendogli un credito d’imposta pari al 30% delle somme restituite al “netto” delle ritenute. Con il novello “comma 2” dell’articolo 10 del Tuir viene, infatti, disposto che ai «sostituti d’imposta .. ai quali siano restituite, … le somme al netto delle ritenute operate e versate, spetta un credito d’imposta pari al 30 per cento delle somme ricevute, utilizzabile senza limite di importo in compensazione ..».
Nello specifico, il sostituto d’imposta al quale sono restituite le somme al netto delle ritenute potrà recuperare quanto versato per le ritenute attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta pari al 30% delle somme ricevute, utilizzabile senza limite di importo in compensazione. La misura del credito è calcolata sull’importo netto restituito.
Nel caso in cui la restituzione abbia ad oggetto somme che sono state tassate solo in parte, il credito d’imposta deve essere calcolato sulle somme restituite al netto di quelle che non erano state tassate al momento dell’erogazione. Ad esempio, nel caso in cui un fondo pensione a contribuzione definita eroghi un’anticipazione che viene successivamente restituita per mancanza dei requisiti richiesti, il credito d’imposta deve essere calcolato sulle somme restituite al netto di quelle riferibili a contributi non dedotti e dei redditi già assoggettati ad imposta annualmente dal fondo (ossia al netto di tutte le somme che non sono state tassate al momento dell’erogazione dell’anticipazione).
Con la circolare in esame, poi, l’Agenzia delle Entrate si sofferma sul “momento” di utilizzo del credito d’imposta. Il diritto del sostituto a fruire del credito d’imposta – precisa l’Agenzia - sorge nel momento in cui non può più essere eccepita la legittimità della pretesa alla restituzione. Tenuto conto che il recupero delle ritenute Irpef (“operate e versate”) attiene al rapporto tra sostituto d’imposta ed Erario, viene chiarito che la “definitività” della pretesa alla restituzione delle somme consente al sostituto di fruire dell’intero ammontare del credito d’imposta, a prescindere dall’importo effettivamente corrisposto dal sostituito. Ai fini dell’utilizzo del credito di imposta, pertanto, sono irrilevanti le vicende e le modalità relative alla concreta restituzione dell’indebito (ad esempio, corresponsione rateale o mancata restituzione). Nella stessa circolare viene, altresì, affermato che “qualora, nelle more della definitività della pretesa, il sostituito corrisponda al netto le somme precedentemente percepite, il sostituto potrà comunque avvalersi del credito d’imposta nel periodo d’imposta in cui è avvenuta la restituzione”.
Della restituzione delle somme, nonché dell’emersione del credito d’imposta, si dovrà dare evidenza:
Nello specifico, viene confermato che il sostituto d’imposta è tenuto ad indicare nel modello 770 - Quadro SX - Rigo SX1 - Colonna 5 - l’intero credito spettante, subordinatamente alla compilazione:
In relazione ai soggetti che fruiscono del credito d’imposta pari al 30% delle somme ricevute, l’Agenzia ribadisce che tale istituto è volto al recupero, da parte del sostituto, delle ritenute operate e versate all’Erario per conto del percettore delle somme. Le Amministrazioni dello Stato (articolo 29, comma 1 del D.P.R. n.600/1973), all’atto del pagamento devono effettuare una “ritenuta diretta” in acconto dell’Irpef dovuta dai percipienti «secondo le modalità previste dalle norme sulla contabilità generale dello Stato».
Tale modalità di riscossione non comporta, in ragione della coincidenza tra il sostituto d’imposta e il soggetto creditore del tributo, il versamento all’Erario delle ritenute operate sulle somme erogate. Al riguardo, la Corte di Cassazione ha più volte rilevato che la nozione di “ritenuta diretta” implica una sorta di compensazione che lo Stato opera fra il credito fiscale ed il controcredito del contribuente e, pertanto, riguarda esclusivamente le amministrazioni statali (sentenza n. 10 8789/2017; ordinanze n.12869/2013 e n. 7110/2019). Conseguentemente, il credito d’imposta, quale strumento volto a recuperare crediti nei confronti dell’Erario, non ha ragione di essere utilizzato dalle Amministrazioni dello Stato.
Sì all’applicazione retroattiva della norma. Con la circolare 8/E, l’Agenzia delle Entrate chiarisce alcuni aspetti riguardanti l’applicabilità retroattiva dell’articolo 150 del D.L. 34/2020 secondo cui la restituzione delle somme al soggetto erogatore al netto delle ritenute Irpef opera per quelle «restituite dal 1° gennaio 2020», fatti salvi «i rapporti già definiti alla data di entrata in vigore del presente decreto», ovvero già definiti al 19 maggio 2020.
Nello specifico, viene precisato che la nuova disposizione non si applica se alla data del 19 maggio 2020:
In caso di restituzione al “lordo”, resta fermo il diritto alla deduzione ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera d-bis, del Tuir. Tenuto conto che, potrebbero verificarsi casi in cui alla data del 31 dicembre 2019, a seguito di sentenza definitiva o accordo, la restituzione è stabilita al netto, l’Agenzia ritiene che il sostituto d’imposta possa fruire del credito d’imposta di cui al comma 2, in relazione alle restituzioni avvenute dal 01.01.2020.
A titolo esemplificativo, si riportano nella seguente tabella alcune ipotesi di restituzione di somme.
Definizione rapporto |
Restituzione “al netto” |
Credito d’imposta |
istanza di rimborso |
CU 2021 |
770/2021 |
Sentenza divenuta definitiva o accordo ante 2020 |
Le somme non vengono restituite |
Non spetta |
Il sostituto può presentare istanza di rimborso |
NO compilazione |
NO compilazione |
Restituzione in unica soluzione nel 2020 |
Si credito periodo d’imposta 2020 |
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SI intero importo da restituire |
SI 30% intero importo da restituire |
|
Sentenza divenuta definitiva o accordo nel 2020
|
Le somme non vengono restituite |
SI credito periodo d’imposta 2020 |
|
Si intero importo da restituire |
SI 30% intero importo da restituire |
Restituzione in unica soluzione nel 2021 |
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Restituzione del netto in 3 rate (2020, 2021 e 2022) |
Definizione rapporto |
Restituzione “al netto” |
Credito d’imposta |
istanza di rimborso |
CU 2021 |
770/2021 |
Sentenza divenuta definitiva o accordo nel 2019
|
Restituzione in 3 rate (2020, 2021 e 2022) |
Si credito nel periodo d’imposta 2020 |
|
SI intero importo da restituire |
SI intero importo da restituire |
Restituzione in 4 rate (2019, 2020, 2021 e 2022) |
|
Il sostituto può presentare istanza di rimborso |
Non compilare |
Non compilare |
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Sentenza definitiva, che prevede la restituzione al “lordo”, ottenuta nel 2019 |
Il sostituito propone di restituire nel 2021 l’importo netto e viene fatto un accordo in tal senso con il sostituto |
Spetta il credito nel periodo d’imposta 2021 |
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Da compilare nella CU 2022 |
Da compilare nel 770/2022 |
Quadro Normativo |
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