Società tra avvocati con regime fiscale previsto per le società di capitali

Pubblicato il 08 maggio 2018

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 35/E/2018 del 7 maggio, rispondendo ad un'istanza di interpello, fa chiarezza sulla disciplina fiscale delle nuove società tra avvocati.

Un’associazione di consulenza legale chiedeva di conoscere la natura del reddito prodotto da una società tra avvocati nella forma di società per azioni, costituita ai sensi della Legge 247/2012.

Il dubbio interpretativo era sorto in quanto, in passato, l’Amministrazione finanziaria aveva diversamente qualificato il reddito prodotto dalle società costituite per l’esercizio in forma associata della professione di avvocato, ai sensi dell’articolo 16 del Dlgs 96/2001, ritenendolo reddito di lavoro autonomo, da quello prodotto dalle società tra professionisti, ex articolo 10 Legge n. 183/2011 e successivo Dm 8 febbraio 2013, che invece era stato qualificato come reddito di impresa, visto che in questo caso non assume rilevanza l’esercizio dell’attività professionale, ma la veste societaria sotto la quale operano.

Esercizio attività forense

Nel rispondere alla richiesta di interpello, l’Agenzia delle Entrate parte dall’analizzare l’articolo 4-bis della Legge n. 247/2012, introdotto dall’art. 1, c. 141 della Legge n. 124/2017, che disciplina l’esercizio della professione forense in forma societaria.

Tale disposto normativo precisa che la professione forense è consentita in forma societaria a società di persone, di capitali o cooperative, iscritte in apposita sezione speciale dell’albo tenuto dall’ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società, a patto che vengano rispettate alcune condizioni (per esempio: i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’albo, oppure avvocati iscritti all’albo e professionisti iscritti in albi di altre professioni; la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta da soci avvocati, ecc.).

Inoltre, anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria resta fermo il principio della personalità della prestazione professionale.

Sul piano civilistico, invece, le società tra avvocati sono costituite secondo i dettami del Codice civile e, quindi, non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche regolate dal Codice e, come tali, sono soggette integralmente alla disciplina legale del modello societario prescelto.

Professione forense in forma societaria è attività d’impresa

Alla luce delle suddette considerazioni, l’Agenzia delle Entrate specifica nella risoluzione n. 35/E/2018 che: in assenza di una esplicita norma, l’esercizio della professione forense svolta in forma societaria (ai sensi del suddetto articolo 4-bis della legge 247/2012) costituisce attività d’impresa, in quanto, risulta determinante il fatto di operare in una veste giuridica societaria piuttosto che lo svolgimento di un’attività professionale.

Pertanto, anche sul piano fiscale alle società tra avvocati costituite sotto forma di società di persone, di capitali o cooperative, si applicano le previsioni di cui agli articoli 6, ultimo comma, e 81 del TUIR, per effetto delle quali il reddito complessivo delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, delle società e degli enti commerciali di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell’art. 73, comma 1, lettere a) e b), da qualsiasi fonte provenga è considerato reddito d’impresa.

In conclusione, quindi, l’Amministrazione finanziaria ritiene che l’esercizio della professione forense svolta in forma societaria costituisce attività d’impresa e che la stessa società per azioni, costituita per l’esercizio dell’attività di avvocato, deve adottare il regime fiscale previsto per le società di capitali e, dunque, deve assoggettare a Ires il reddito prodotto e a Irap il valore della produzione.

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