Precisazioni della Corte di cassazione in tema di mancata percezione degli utili per il socio di società di persone ed eventuale azione diretta individuale nei confronti degli amministratori.
Il diritto agli utili del socio di società personale, qual è la società in accomandita semplice, è subordinato alla sola approvazione del rendiconto, diversamente da quanto disposto con riferimento alle società di capitali, rispetto alle quali occorre la previa deliberazione assembleare ex art. 2433 cod.civ., che, preso atto della sussistenza di utili nel bilancio, ne autorizzi la distribuzione.
Conseguentemente, la lesione del predetto diritto agli utili può essere fatta valere dal socio come danno diretto ed immediato, proprio in quanto conseguente al mancato assolvimento, da parte del socio amministratore, dello specifico obbligo di distribuzione degli utili, ovviamente ove sussistenti.
A diverse conclusioni deve giungersi nell’ipotesi in cui il socio faccia valere in giudizio la mancata percezione degli utili come derivante da diversi comportamenti di gestione tenuti dall'amministratore, qualora il danno lamentato venga a configurarsi quale conseguenza del pregiudizio arrecato alla società e, solo in seconda e indiretta battuta, patito dal socio.
In tale contesto, ci si deve infatti conformare al principio generale secondo cui l'azione individuale del socio nei confronti dell'amministratore di una società non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale.
Questo perché l'art. 2395 cod. civ. – ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità come analogicamente estensibile anche alle società di persone - esige che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell'amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.
La mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione, nei predetti casi, non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all'eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale, la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell'amministratore.
E’ quanto sottolineato dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 11223 del 28 aprile 2021, a conferma della decisione con cui i giudici di merito avevano rigettato le domande avanzate da due soci di una Società in accomandita semplice nei confronti del socio accomandatario.
I ricorrenti, in particolare, avevano chiesto che venisse accertata la responsabilità del socio amministratore per aver posto in essere un'attività diretta al depauperamento patrimoniale e finanziario della società, nonché per aver omesso di corrispondere loro gli utili spettanti e di rimborsare le spese di trasferta e viaggio.
La Corte d’appello, condividendo quanto statuito dal Tribunale, aveva per contro evidenziato che l'azione concessa individualmente dall'art. 2395 cod.civ. ai soci o ai terzi per il risarcimento dei danni ad essi derivati come conseguenza di atti dolosi o colposi degli amministratori di società, di natura perciò extracontrattuale, presupponeva che i danni stessi non fossero solo il riflesso di quelli arrecati eventualmente al patrimonio sociale, ma fossero direttamente cagionati al socio come conseguenza immediata del comportamento degli amministratori medesimi.
Di conseguenza, tale azione poteva trovare esplicazione solo quando la violazione del diritto individuale del socio o del terzo fosse in rapporto causale diretto con l'azione degli amministratori.
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