La Sesta sezione penale di Cassazione ha annullato un’ordinanza con cui, nell’ambito di un procedimento penale per induzione indebita e violenza privata, era stata disposta, nei confronti dell’indagato, la misura interdittiva della sospensione dall’esercizio dell’ufficio di sindaco.
La Suprema corte ha ritenuto fondato il ricorso di quest’ultimo il quale lamentava che la predetta misura fosse stata applicata in un caso espressamente vietato dalla legge e, ossia, dall’articolo 289, comma 3 del Codice di procedura penale, che sancisce l’inapplicabilità della medesima in caso di uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare.
Detta norma – ha sottolineato la Cassazione – è rimasta immodificata dal legislatore anche a seguito alla revisione della disciplina delle misure interdittive operata dalla Legge n. 47/2015.
La statuizione di merito, quindi, si poneva in radicale ed insanabile contrasto con il contenuto precettivo dell’articolo 289, comma 3 citato, atteso che la legge prevede, per i comuni anche aventi popolazione inferiore a 15mila abitanti, l’elezione diretta del sindaco.
E’ quanto concluso nel testo della sentenza n.10940 depositata il 6 marzo 2017.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".