La motivazione della sentenza d’appello deve ritenersi omessa, insufficiente o illogica, quando il giudice di merito omette di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero indica tali elementi senza approfondita disamina logico – giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull'esattezza e sulla logicità del ragionamento.
Lo ha deciso la Corte di Cassazione, sezione tributaria civile, accogliendo il ricorso di una società contribuente, avverso la pronuncia con cui la Ctr respingeva la propria opposizione ad un avviso di accertamento notificatole dall'Agenzia delle Entrate.
Invero, secondo la Corte, i giudici dell’appello sono nella specie incorsi nel denunciato vizio di omessa motivazione, facendo essi riferimento, nella sentenza impugnata, a generiche e anapodittiche affermazioni in ordine alle ragioni poste alla base del decisum, esternando acritica condivisione per l’operato dei giudici di prime cure, senza dare contezza alcuna né del contenuto intrinseco delle ragioni della decisione di questi ultimi, né delle critiche a questa mosse dall'appellante.
La Ctr, difatti, si è nella specie limitata ad affermare – conclude la Corte con sentenza n. 23484 del 18 novembre 2016 - che le argomentazioni dei giudici di primo grado “sono ben considerate e ponderate” e che “risultano corrispondenti a previsioni di legge, tutti gli atti posti in essere dall’Ufficio”, omettendo ad esempio di specificare quali siano le previsioni a cui gli atti delle Entrate risultino corrispondenti e quali le ragioni di insussistenza delle censure mosse dal contribuente.
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