Non è affatto inverosimile che la seconda rilevazione del tasso alcolico dia un risultato superiore rispetto alla prima, posto che la percentuale di alcol nell'organismo, successivamente all'assunzione, varia secondo una curva di assorbimento che non ha sviluppo decrescente.
E’ quanto, in sintesi, chiarito dalla Corte di Cassazione, quarta sezione penale, respingendo il ricorso di un automobilista ritenuto colpevole ex art. 186 comma 2 lett. b) D.Lgs 285/1992, per essersi posto alla guida dell’autoveicolo in stato di ebbrezza alcolica.
Respinte, dunque, entrambe le censure dell’imputato, la prima fra le quali, volta a mettere in dubbia le effettuate misurazioni del tasso alcolico, in quanto la prima dava “inspiegabilmente” un risultato inferiore rispetto alla seconda.
Ma la Corte ha negato fondamento all'asserto, frutto di mera congettura soggettiva, secondo cui il tasso alcolico misurato per la prima volta, debba essere necessariamente superiore a quello rilevato successivamente, essendo trascorso più tempo dall'assunzione. Invero l’assorbimento dell’alcol nel corpo può non avere un andamento decrescente.
Respinta anche l’ulteriore censura, volta a rilevare come fossero stati ingiustamente considerati i singoli decimali.
A parere della Corte in proposito – con sentenza n. 20545 del 18 maggio 2016 – la pretesa di non tener conto dei decimali risultanti dalla misurazione, contrasta inesorabilmente con il contenuto dell’art. 186 codice della strada, il quale non pone alcuna simile preclusione.
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