La Corte di cassazione, sesta sezione penale, con la sentenza n. 14466 depositata ieri, ha confermato la condanna per “rifiuto di atti d'ufficio” impartita dai giudici di merito nei confronti di un dipendente pubblico che non aveva risposto alcunché a fronte di una richiesta di informazioni di una signora, destinataria di un provvedimento di espropriazione. Nonostante la signora avesse inviato un ulteriore sollecito, il dipendente non aveva nemmeno esposto le ragioni del suo ritardo. I giudici di legittimità hanno qualificato come ingiustificato il silenzio omissivo del pubblico ufficiale in quanto, “anche la risposta negativa dell'ufficio adito, in termini di indisponibilità, oppure di parziale disponibilità della documentazione richiesta, fa parte del contenuto dell'atto dovuto al cittadino, il quale, sull'informazione negativa, può organizzare la sua strategia di tutela, oppure rinunciare in modo definitivo ad ogni diversa pretesa”.
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