L'obbligo di tenere le scritture contabili, la cui violazione integra il reato di bancarotta semplice documentale, viene meno solo quando la cessazione dell'attività commerciale sia formalizzata con la cancellazione della società dal registro delle imprese, e ciò indipendentemente dal fatto che manchino passività insolute.
La fattispecie indicata, infatti, costituisce un reato di pericolo presunto, volto alla tutela dell'esatta conoscenza della consistenza patrimoniale dell'impresa, a prescindere dal concreto pregiudizio per le ragioni creditorie.
Lo ha puntualizzato la Corte di cassazione, nel testo della sentenza n. 12499 del 24 marzo 2023, confermativa della penale responsabilità dell'amministratore di una Srl, dichiarata fallita, in relazione al reato di bancarotta semplice ascrittogli.
Gli Ermellini, in particolare, hanno giudicato non condivisibile la contrapposta tesi difensiva, incentrata sull'asserito difetto dell'elemento soggettivo del reato per un errore sulla legge extrapenale da ritenere del tutto scusabile.
L'imputato, ossia, aveva fatto presente di essere persuaso di non essere obbligato alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie per legge, nel convincimento, per l'appunto erroneo, che la società di cui era amministratore si fosse estinta con la cessazione di ogni attività dell'esercizio commerciale da essa gestito.
Per la Suprema corte, invero, il giudice di appello aveva correttamente evidenziato come l'errore sulla natura di precetto dell'art. 2214 c.c., integrante la fattispecie penale contestata, fosse un errore di diritto "inescusabile" per legge.
L'oggetto del reato di bancarotta semplice documentale - ha ricordato - è rappresentato da qualsiasi scrittura la cui tenuta è obbligatoria, comprese quelle richiamate dal comma secondo dell'art. 2214 cod. civ., vale a dire tutte le scritture che siano richieste dalla natura e dalle dimensioni dell'impresa.
La Corte di Piazza Cavour, dopo aver rigettato il predetto motivo di doglianza, ha invece considerato fondata la censura sollevata dall'imputato in riferimento alla mancata applicazione, in suo in favore, della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto.
La natura di reato di pericolo del delitto di bancarotta semplice - ha chiarito il Collegio - se, da un lato, non esclude di per sé l'offensività della condotta, dall'altro, non è affatto da ostacolo al riconoscimento della causa di non punibilità di cui si discute.
Sul punto, la motivazione dei giudici di secondo grado aveva risposto, in maniera insoddisfacente, ai criteri fissati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui "ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall'art. 131 bis, c.p., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell'art. 133, primo comma, c.p., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell'entità del danno o del pericolo".
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