Secondo la Consulta è costituzionalmente illegittimo l’articolo 2-bis della Legge n. 146/1990 (Norme sull’esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e sulla salvaguardia dei diritti della persona costituzionalmente tutelati) nella parte in cui consente che il Codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare, interferisca con la disciplina della libertà personale dell’imputato medesimo.
Nel dettaglio, la previsione censurata è stata ritenuta violare la riserva di legge posta dall’articolo 13, quinto comma, della Costituzione.
La stessa – ha precisato la Corte costituzionale nel testo della sentenza n. 180 del 27 luglio 2018 – è illegittima in quanto non preclude al Codice di autoregolamentazione di andare ad incidere sulla disciplina legale dei limiti di restrizione della libertà personale.
Questo, in particolare, quando prevede la facoltà, per l’imputato, di richiedere, o no, che si proceda malgrado la dichiarazione di astensione del suo difensore che abbia aderito all’astensione, facoltà che, per la Corte, “ha una diretta ricaduta sui termini di durata della custodia cautelare”.
Secondo i giudici costituzionali, in definitiva, non si tratta di un problema di disapplicazione della disposizione subprimaria, in ipotesi illegittima per violazione dei limiti posti dalla norma primaria, bensì, innanzi tutto, di una “questione di costituzionalità della norma primaria nella parte in cui ha consentito a quella subprimaria di incidere sulla durata della custodia cautelare prevedendo tale facoltà dell’imputato detenuto”.
La questione di legittimità costituzionale esaminata era stata sollevata dal Tribunale di Reggio Emilia, con due diverse ordinanze.
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