L’esistenza di obiettive condizioni di incertezza sulla norma tributaria può essere rilevata d’ufficio dal giudice anche se non dedotta in giudizio dal contribuente?
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 24707 del 3 ottobre 2019, ha offerto alcuni chiarimenti in ordine al potere del giudice di dichiarare inapplicabili le sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie in caso di obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme di riferimento.
La Suprema corte, nella vicenda che ci occupa, era stata chiamata a pronunciarsi con riferimento ad una decisione con cui la CTR, nell’ambito di un contenzioso relativo all’applicazione del regime speciale del margine di utile su operazioni imponibili a fini Iva in luogo del regime ordinario, aveva escluso l’applicabilità, a carico della contribuente, delle connesse sanzioni amministrative, e ciò sulla base del riscontro di orientamenti difformi presso la giurisprudenza di merito.
Le conclusioni della Commissione tributaria muovevano dalla premessa che la circostanza delle obiettive condizioni di incertezza in ordine alle disposizioni relative al regime del margine, siccome esistevano gravi contrasti giurisprudenziali in materia, fosse suscettibile di essere rilevata d’ufficio dal giudice, anche se non dedotta in giudizio.
Una lettura, questa, non condivisa dalla Sezione tributaria della Cassazione la quale, per contro, ha sottolineato come i giudici regionali, nel riconoscere implicitamente che nel caso esaminato detti elementi non erano stati dedotti né evocati dalla contribuente, si erano posti in contrasto con il condiviso orientamento della Corte di legittimità, secondo cui deve escludersi che il giudice tributario di merito decida d’ufficio l’applicabilità dell’esimente in questione.
Secondo gli Ermellini, infatti, il potere delle commissioni tributarie di dichiarare le sanzioni inapplicabili in caso di incertezza normativa, “sussiste quando la disciplina normativa da applicare si articoli in una pluralità di prescrizioni, il cui coordinamento appaia concettualmente difficoltoso per l’equivocità del loro contenuto, derivante da elementi positivi di confusione”.
In tale contesto, l’onere di allegare la ricorrenza di questi elementi, se esistenti, grava sul contribuente.
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