La pronuncia della Corte di giustizia Ue, causa C-55/07 di ieri, muove dal richiamo all’articolo 2 del decreto legislativo n. 61/2000, per bollare il dovere di notifica dei contratti a tempo parziale come ostacolo burocratico a carico delle imprese: sono illegittime le sanzioni imposte alle aziende italiane che non hanno rispettato l’obbligo di comunicare all’Ispettorato di lavoro le assunzioni a tempo parziale. La discriminazione rispetto ai lavoratori a tempo pieno proviene, peraltro, non già dalla disciplina del contratto di lavoro, bensì dagli obblighi amministrativi. E finisce per penalizzare le donne più che gli uomini, principali destinatarie delle assunzioni “a scadenza”.
L’Esecutivo italiano ritiene che la norma incriminata, abrogata dal Dlgs n. 276/2003, costituisse una misura contro il lavoro nero che permetteva ai servizi di ispezione del Lavoro di tenersi aggiornati sulle prassi del mercato, acquisendo costantemente dati. Giustificazioni non valide, schiacciate da una lettura diametralmente opposta del decreto 61/00, il quale per la Corte europea ha raggiunto l’unico scopo di costruire un deterrente per le aziende dall’effettuare contratti a tempo ed è perciò entrato in contrasto con la direttiva 97/81, che impone di agevolarne lo sviluppo eliminando gli ostacoli al ricorrere a tale forma di contratto.
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