Non si può sopperire alla carenza di personale negli uffici giudiziari, consentendo a soggetti privati ed estranei all’Amministrazione, di cooperare all'interno degli uffici medesimi.
Sulla scorta di ciò il Tribunale del Lazio, sezione prima, ha confermato la condanna di un Giudice di pace Coordinatore alla revoca del suo incarico – come disposto dal Consiglio superiore della magistratura – per avere lo stesso consentito ad un soggetto estraneo all'Amministrazione giudiziaria di essere presente e collaborare per un periodo di circa quattro anni negli uffici dei Giudici di pace, con retribuzione da parte degli stessi giudici coadiuvati.
Respinto dunque il ricorso del Coordinatore ed avallate le argomentazioni dell’Organo di autogoverno della magistratura, secondo cui la condotta posta in essere dall'incolpato “si appalesa gravemente lesiva delle più elementari regole di buona amministrazione e di trasparenza, minando la credibilità dell'istituzione ed il prestigio della funzione giudiziaria, anche sotto il profilo della morale, dello stile e dell'equilibrio”.
Nell'ambito del sindacato consentito al Csm – sottolinea ancora il Tar con sentenza n. 6132 del 24 maggio 2017 – non si ravvisano inoltre, come invece sostenuto dal ricorrente, elementi tali da ritenere illogica o abnorme, alla luce degli addebiti accertati, l’applicazione della misura sanzionatoria delle revoca dell’incarico.
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