Sì alla doppia pratica per consulente del lavoro e commercialista
Pubblicato il 23 settembre 2010
Il Consiglio di stato, con sentenza n. 6998 del 21 settembre 2010, ha respinto il ricorso presentato dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro avverso la decisione con cui il Tar del Lazio aveva accolto le doglianze di una tirocinante consulente del lavoro a cui era stato negato il rilascio del certificato di compiuta pratica per contemporaneo svolgimento, da parte dell’interessata, del praticantato utile per diventare dottore commercialista.
Secondo il Consiglio dei consulenti del lavoro, il provvedimento di diniego era da considerare legittimo in considerazione del fatto che, alla luce della normativa di settore, sussisteva una incompatibilità relativa all’esercizio contemporaneo di una doppia pratica professionale.
Di diverso avviso il Collegio amministrativo che, condividendo gli assunti contenuti nella pronuncia di primo grado, ha sottolineato come il divieto contenuto nel regolamento che disciplina le modalità del tirocinio per i consulenti del lavoro secondo cui il praticantato non può essere svolto contemporaneamente per attività professionali diverse, deve essere interpretato nel senso che detta contemporaneità debba riferirsi “a quelle forme di praticantato che comportino un impegno destinato effettivamente a sovrapporsi, sotto il profilo temporale, a quello richiesto per il tirocinio di consulente del lavoro”. Nel caso in esame detta sovrapposizione temporale non era stata provata ed il diniego di rilascio di certificato di compiuta pratica, trovando fondamento sulla sola circostanza che la originaria ricorrente nei due anni utili al conseguimento del titolo di accesso all’esame di abilitazione dei consulenti del lavoro avesse anche svolto la pratica di dottore commercialista, era dunque illegittimo.
L’interdizione all’esercizio contemporaneo della pratica per attività professionali diverse – si legge nel testo della decisione - “se letta in abbinata alla previsione del possibile esercizio, nello stesso periodo del praticantato, di un’attività di lavoro subordinato a tempo parziale e soprattutto a quella che dispone un limite minimo giornaliero (nella misura di quattro ore di media) di pratica, astrattamente compatibile con l’esercizio di altre attività professionali, non può che essere letto nel senso che il divieto riguardi l’esercizio in concreto della pratica in concomitanza temporale con altri analoghi impegni di praticantato”.