Sì alla diffamazione a mezzo del cartellone elettorale

Pubblicato il 06 maggio 2009
La Corte di cassazione, quinta sezione penale, con sentenza n. 17686, ha ribaltato la decisione con cui la Corte di appello di Firenze aveva condannato, per diffamazione, un esponente dell'amministrazione di Arezzo che, durante la campagna elettorale, aveva tappezzato la città di manifesti in cui affermava che l'avversario schieramento politico basasse la propria condotta “sulla calunnia e sulla ricerca affannosa e maniacale di gettare fango sugli amministratori”. Secondo la Corte, infatti, “il fatto non costituisce reato” in quanto in politica, sussistendo un interesse pubblico a garantire il dibattito tra tutti i gruppi politici, “è lecito adoperare toni aspri e pungenti di disapprovazione, giungendo a screditare la condotta degli avversari”. Infine, si legge nella sentenza, nell'ambito della lotta politica si è verificata negli anni una desensibilizzazione del significato offensivo di talune parole tanto che “la critica può esprimersi pure in termini che sarebbero definiti lesivi della reputazione di un comune cittadino”.
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