Sì agli sgravi contributivi sui Cfl se c’è la prova di nuovi posti di lavoro

Pubblicato il 04 maggio 2012 Le agevolazioni contributive concesse alle imprese dallo Stato italiano attraverso i contratti di formazione e lavoro, se non in linea con i criteri di compatibilità fissati dalla Commissione, sono da considerarsi aiuti di stato incompatibili col diritto comunitario ex art. 87 Tr. CE. Per poter fruire legalmente di tali tipi di sostegni concessi alle aziende, sotto forma di sgravi fiscali, è necessario il massimo rispetto delle condizioni di compatibilità fissate dalla Commissione Ue.

L’obiettivo di tali tipi di agevolazioni fiscali/contributive è, infatti, quello di aiutare le aziende ad assumere lavoratori che ancora non hanno trovato un impiego oppure hanno perso quello precedente: in generale favorire la creazione di opportunità lavorative per i giovani con meno di 25 anni e i laureati fino a 29.

Per tali ragioni, deve essere evidente la corrispondenza tra gli aiuti concessi e la creazione di posti di lavoro da parte dell’impresa beneficiaria. In caso contrario, lo Stato italiano è tenuto al recupero delle somme elargite alle imprese in violazione del diritto comunitario

In assenza di tale relazione, l’impresa non potendo far valere a proprio vantaggio neanche la regola del de minimis, introdotta a favore delle piccolo e medie, è tenuta a restituire all’Inps le somme indebitamente fruite.

Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6671/2012. Ai supremi giudici non essendo tornati i conti sull’incremento occupazionale, neanche considerando l’eventuale trasformazione dei contratti di lavoro a termine con le assunzioni a tempo indeterminato, è apparso doveroso accogliere il ricorso dell’Inps e condannare l’azienda per assenza di prove in grado di avvalorare il diritto al beneficio dello sgravio contributivo.
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