Rivendita beni usati: regime Iva del “margine”

Pubblicato il 29 novembre 2018

Il regime del “margine” rappresenta un regime Iva speciale previsto per chi rivende beni usati, oggetti d’arte, antiquariato o oggetti da collezione”.

Il regime viene disciplinato dagli articoli dal 36 al 40 del Decreto Legge n. 41 del 23 febbraio 1995, norma che ha recepito la direttiva 94/5/CE del Consiglio del 14 febbraio 1994, adottata nel quadro della realizzazione di un sistema comune nell’ambito dell’Iva.

L’applicazione del regime è finalizzata ad evitare fenomeni di doppia o reiterata imposizione per i beni che, dopo la prima uscita dal circuito commerciale, sono ceduti ad un soggetto passivo d’imposta per la successiva rivendita, con una conseguente ulteriore imposizione Iva in relazione al prezzo di vendita da questi praticato.

Al momento dell’acquisto, il rivenditore versa normalmente un corrispettivo comprensivo di Iva, anche se questa non ha formato oggetto di specifica rivalsa, per cui qualora all’atto della rivendita si assoggettasse ad Iva si opererebbe una duplicazione dell’imposta.

 

Il regime del margine si applica in particolare ai “beni usati” o con la terminologia del legislatore europeo, ai “beni d’occasione”, ovvero a quei beni mobili suscettibili di reimpiego, nello stato originario o anche dopo eventuali riparazioni.

I soggetti interessati dal regime del margine possono, comunque, applicare le ordinarie regole Iva.

 

Secondo l’orientamento giurisprudenziale, il suddetto regime non ha natura agevolativa, esso si identifica come un regime speciale di assolvimento dell’Iva, per il cui accesso è necessario che ricorrano tutti gli elementi richiesti dalla norma, sia oggettivi sia soggettivi.

 

Anche il regime del margine (come ogni altro regime speciale) si caratterizza per essere strutturato secondo un meccanismo derogatorio rispetto alle regole generali previste in materia di imposta sul valore aggiunto e, ad esempio, il calcolo dell’imposta dovuta non avviene secondo l’ordinario sistema “imposta da imposta”, bensì secondo quello “base da base”.

La base imponibile dell’imposta relativa alla rivendita, infatti, è data dalla differenza (quindi il margine) tra il prezzo di vendita e quello di acquisto, al cui importo vanno comprese le spese di riparazioni eventuali e di quelle accessorie.

In pratica è il margine che residua a favore del rivenditore, che costituisce la base imponibile su cui applicare l’Iva prevista per la tipologia di bene oggetto di rivendita e non il corrispettivo della cessione.

 

Come si determina il margine

Per determinare il “margine” e quindi la base imponibile, vi sono tre diversi metodi a seconda della tipologia dei rivenditori, dei beni commercializzati e anche delle modalità di rivendita. I metodi sono i seguenti:

 

Ogni meccanismo prevede differenti obblighi formali e contabili a carico del contribuente, naturalmente permangono per i soggetti interessati all’applicazione del regime tutti gli adempimenti cui sono ordinariamente tenuti (ex D.P.R. 633/1972), relativamente agli obblighi di certificazione dei corrispettivi (scontrino e ricevuta fiscale) e di emissione del documento di accompagnamento per i beni che vengono trasportati.

Il regime del margine deve essere tenuto distinto da quello relativo alle cessioni di rottami (articolo 74, commi 7 e 8, D.P.R. 633/1972), i due regimi infatti, interessano due distinte categorie di beni:

Può tuttavia verificarsi che una operazione di acquisto e rivendita di un bene, sia interessata dall’applicazione di entrambe le discipline, come nel caso in cui un rivenditore di rottami acquisti presso un privato un’auto da demolire e successivamente rivende i singoli pezzi di ricambio ancora funzionanti.

 

La stessa Amministrazione Finanziaria, relativamente al caso specifico, ha chiarito in una non recente circolare (la n. 28 del 21 giugno 2004) che in relazione alla rivendita, si verificano le condizioni richieste per l’applicazione del regime del margine poiché il bene oggetto della rivendita è stato acquistato presso un privato ed, inoltre, ha caratteristiche tali da poter essere utilizzato nello stato in cui si trova o previa riparazione.

 

NB! - Il regime del margine è stato esteso, con alcune particolarità, anche alle cessioni di beni mobili usati, oggetti d’arte, d’antiquariato e da collezione effettuate da esercenti agenzie di vendita all’asta che agiscono in nome proprio e per conto di privati, in base a un contratto di commissione. Il regime in esame trova applicazione anche nel settore delle auto usate.

 

Ambito oggettivo

Il regime del margine si applica alle seguenti tipologie di beni:

 

I beni mobili usati devono essere rivenduti nello stato originario anche dopo le eventuali riparazioni. Sono soggetti al regime del margine anche quei beni che, per effetto della riparazione, sono suscettibili anche di una diversa utilizzazione, purché abbiano mantenuto le loro caratteristiche originali.

Sono esclusi, invece, i beni ottenuti utilizzando materiali ricavati da altri beni usati, è il caso - ad esempio - della realizzazione di un mobile mediante utilizzo del legno ricavato da una o più porte.

 

Il regime del margine può essere applicato anche nel settore dei mezzi di trasporto, in particolare secondo quanto previsto dal comma 10 dell’articolo 36, del D.L. 41/1995, negli scambi intracomunitari tra soggetti passivi che applicano il regime del margine, i mezzi di trasporto costituiscono beni usati se non si verificano i requisiti stabiliti per i veicoli nuovi (articolo 38, comma 4, D.L. 331/1993).

La disposizione prevede che i mezzi di trasporto non si considerano nuovi se contemporaneamente:

Relativamente ai natanti, questi devono aver navigato per oltre cento ore, gli aeromobili devono aver volato per oltre quaranta ore e la cessione deve essere effettuata decorso il termine di tre mesi dalla data del provvedimento di prima immatricolazione o di iscrizione in pubblici registri o di altri provvedimenti equipollenti.

Va sottolineato che tali regole si applicano solo con riferimento agli scambi intracomunitari tra soggetti passivi Iva.

Relativamente ai mezzi di trasporto acquistati e rivenduti all’interno del territorio italiano, la qualifica di usati si determina applicando i criteri ordinariamente previsti per gli altri beni mobili ovvero si deve trattare di beni suscettibili di reimpiego nello stato originario o previa riparazione.

 

Oggetti d’arte, da collezione e di antiquariato

Il regime del margine è applicabile anche alle cessioni di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione e, nello specifico, coloro che esercitano il commercio dei beni usati possono optare per l’applicazione del regime speciale anche per le cessioni di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione importati e per la rivendita di oggetti d’arte a essi ceduti dall’autore o dai suoi eredi o legatari.

L’opzione deve essere comunicata nella dichiarazione Iva annuale e ha effetto fino a quando non viene revocata e, comunque, almeno fino al compimento del biennio successivo all’anno nel corso del quale è esercitata.

Nel decreto legge 41 del 1995 vi è allegata una tabella che individua analiticamente tali beni.

 

Oggetti d’arte:

 

Oggetti da collezione:

 

Oggetti di antiquariato:

 

NB! - Per le importazioni da chiunque effettuate di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione, e per le cessioni degli oggetti d’arte, effettuate dagli autori o dai loro eredi o legatari, si applica l’aliquota Iva ridotta nella misura del 10%.

 

Ulteriori beni rientranti nel regime del margine

Nel campo di applicazione del regime del margine, oltre ai beni mobili usati, gli oggetti d’arte, da collezione e di antiquariato, rientrano anche le cessioni di contratti di locazione finanziaria acquistati da privati o da soggetti che non hanno potuto detrarre l’imposta, da soggetti passivi comunitari in regime di franchigia, da soggetti passivi che abbiano assoggettato l’operazione originaria al regime del margine.

 

Rientrano nel regime anche gli oggetti d’oro o d’argento usati, acquistati dai “compro oro” da un privato consumatore o da un altro operatore che ha applicato il regime del margine, destinati a essere rivenduti senza subire alcuna trasformazione.

 

Ambito soggettivo

Le categorie a cui potrebbe interessare il regime del margine sono due:

Naturalmente entrambi devono essere soggetti passivi Iva esercenti attività di impresa, arte o professione.

 

Si ricorda che la condizione essenziale per potersi avvalere del regime del margine è che i beni siano stati acquistati senza Iva o con Iva indetraibile.

In definitiva, i beni devono essere stati acquistati:

 

NB! - Nell’ambito del regime del margine è assoggettato a Iva il solo utile lordo realizzato dal rivenditore ovverosia la differenza (“margine”) tra il prezzo di vendita e quello di acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.

 

Metodi di determinazione della base imponibile

L’applicazione dell’Iva al solo utile lordo permette di evitare la doppia tassazione dei beni usati, ovvero di quei beni per i quali il rivenditore, nel momento dell’acquisto, ha pagato un prezzo che già comprende l’Iva e che non è stata oggetto di rivalsa.

In tal caso, ove si assoggettasse a Iva l’intero corrispettivo della rivendita, si determinerebbe una duplicazione dell’imposta.

Per la determinazione dell’imposta “sul margine”, il legislatore ha previsto tre diversi metodi, che variano a seconda della natura dei beni rivenduti, delle modalità di esercizio dell’attività e dei soggetti rivenditori.

I metodi sono i seguenti:

 

Metodo analitico

Viene applicato da coloro che operano nel settore dei beni usati e consiste nella determinazione analitica del margine, in quanto la base imponibile su cui calcolare l’imposta viene individuata per ogni singola operazione di rivendita.

L’Iva sulla rivendita è commisurata per ciascun bene, sulla differenza tra il prezzo di rivendita e il prezzo pagato dal rivenditore per l’acquisto (aumentato delle relative spese accessorie e di riparazione), valori che vanno considerati al lordo dell’Iva.

Il margine lordo viene determinato togliendo dal corrispettivo praticato per la rivendita (al lordo dell’Iva) il prezzo di acquisto del bene (al lordo dell’eventuale Iva addebitata al rivenditore) e delle spese accessorie e di riparazione (al lordo dell’imposta addebitata al rivenditore).

A calcoli effettuati si può verificare che:

 

Con l’applicazione del metodo analitico, ogni singola operazione va trattata separatamente dalle altre e non è ammessa la compensazione tra margini positivi e margini negativi.

L’Amministrazione Finanziaria è intervenuta sulle spese di riparazione e accessorie, precisando che per tali devono intendersi le spese sostenute dal rivenditore inerenti o alla fase di acquisizione del bene o a quella successiva di riutilizzazione dello stesso.

Abbiamo, dunque, le spese per oneri tributari nonché quelli di intermediazione relativi all’acquisto, le spese peritali, quelle notarili, di agenzia, di trasporto, e naturalmente vi sono tutte le spese di riparazione e di restauro del bene.

 

NB! - Tali spese essendo spese aggiuntive al costo di acquisto del bene rivenduto, non danno diritto alla detrazione della relativa imposta.

 

Vi è una circolare del Ministero delle Finanze, la n. 177 del 22 giugno 1995, con la quale viene chiarito che in relazione a tali prestazioni, la norma non concede al rivenditore che opera nel regime del margine la facoltà di scegliere se esercitare la detrazione dell’Iva addebitatagli in via di rivalsa, o se imputare l’intero corrispettivo dell’operazione comprensivo dell’imposta, tra i costi da considerare ai fini della determinazione del margine, in quanto il regime del margine si caratterizza per la indetraibilità dell’Iva assolta sugli acquisti.

Non sono incluse nei costi da computare per la determinazione del margine, le spese generali sostenute per l’esercizio dell’attività; queste ultime, non sono riferibili ai singoli beni o alle singole operazioni di rivendita e danno luogo alla detrazione della relativa imposta secondo le regole generali.

Non sono comprese tra i predetti costi le spese non direttamente connesse alla riattivazione di beni ovvero alla loro preparazione prima della rivendita, in quanto sostenute per la loro normale utilizzazione.

 

Registrazione delle operazioni

I soggetti che applicano il metodo analitico di determinazione del regime, devono istituire un apposito registro (di carico e scarico) dove annotare gli acquisti e le cessioni dei singoli beni, specificando la data dell’operazione, la natura, qualità e quantità dei beni acquistati o ceduti, il prezzo di acquisto, al lordo dell’eventuale imposta, il corrispettivo comprensivo dell’imposta relativa alla cessione, la differenza tra tali ultimi importi (ovvero il margine conseguito).

 

Nel registro si andranno ad annotare anche i costi al lordo dell’eventuale imposta, relativi alle riparazioni effettuate sui beni acquistati, in vista della loro rivendita, nonché le spese accessorie concernenti gli acquisti stessi.

Tale annotazione è necessaria in quanto per la determinazione del margine, il prezzo di acquisto di ogni bene deve essere aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.

 

Le annotazioni relative alle cessioni devono essere eseguite negli stessi termini previsti per l’annotazione dei corrispettivi, e cioè entro il primo giorno non festivo successivo a quello in cui le operazioni sono effettuate.

 

Le annotazioni relative agli acquisti dei beni devono, invece, essere eseguite entro quindici giorni dall’acquisto stesso, ma comunque non oltre la data di registrazione della corrispondente cessione.

 

Entro le liquidazioni mensili e trimestrali, il contribuente deve effettuare una ricognizione dei singoli margini positivi conseguiti nel periodo, effettuando la loro somma e distinguendo le diverse aliquote applicabili alle cessioni.

 

Successivamente, i detti margini positivi devono essere registrati separatamente nel registro dei corrispettivi per concorrere alla liquidazione dell’imposta secondo le regole ordinarie.

 

I soggetti - tenuti all’emissione della fattura per ciascuna operazione effettuata e all’annotazione nel relativo registro - che esercitano anche il commercio di beni rientranti nel regime del margine possono annotare il totale dei margini conseguiti in ciascun periodo di imposta nello stesso registro sopra citato, entro il termine di esecuzione della liquidazione dell’imposta, evitando di tenere il registro dei corrispettivi.

I soggetti in regime del margine che, per talune operazioni, optano per l’applicazione dell’Iva nei modi ordinari e che, pertanto devono obbligatoriamente emettere fattura, sono tenuti alla registrazione della fattura stessa nel registro ex articolo 23 DPR 633/1972.

 

Tali soggetti, se operano nell’ambito del commercio al minuto, possono annotare le fatture nel registro di cui all’articolo 24, DPR 633/1972, indicando l’importo globale delle operazioni effettuate in ciascun giorno e i numeri delle relative fatture nei termini previsti dal medesimo articolo.

 

Le citate regole non trovano applicazione nelle ipotesi di cessioni di beni rientranti nel regime del margine, effettuate in via occasionale da contribuenti che non svolgono abitualmente il commercio dei detti beni.

In tali ipotesi, gli elementi necessari per l’individuazione del margine e il margine risultante devono essere distintamente indicati, con le modalità e nei termini stabiliti per le liquidazioni periodiche, nel registro usualmente utilizzato dal cedente nell’esercizio della propria attività, ossia in quello di cui all’articolo 23 o 24 del citato DPR 633/1972, tenendo naturalmente conto dei margini positivi ai fini delle liquidazioni periodiche dell’imposta.

 

Il metodo forfettario

Il metodo forfettario viene applicato con riferimento a determinate tipologie di beni e categorie di soggetti.

Si tratta delle ipotesi in cui, risultando particolarmente difficoltoso calcolare il margine in maniera analitica, il legislatore ne ha fissato in via presuntiva l’ammontare, che viene calcolato in misura percentuale rispetto al prezzo di vendita.

Con tale metodo, il margine viene calcolato applicando al prezzo di vendita del singolo bene delle percentuali forfettarie:

 

Determinazione forfettaria del Margine

Cessioni di oggetti d'arte il cui prezzo risulta mancante, privo di rilevanza o non determinabile

60%

Cessioni di francobolli da collezione e di collezioni di francobolli

50%

Cessioni effettuate da soggetti che esercitano commercio al dettaglio in forma ambulante

50%

Cessioni di parti, pezzi di ricambio e componenti derivanti dalla demolizione di mezzi di trasporto e di apparecchiature elettromeccaniche

50%

Cessioni di prodotti editoriali di antiquariato venduti in sede fissa

50%

Cessioni di prodotti editoriali d'antiquariato effettuate da ambulanti

25%

Cessioni di prodotti editoriali non di antiquariato da chiunque effettuate

25%

 

NB! - L’ammontare del margine determinato in modo forfettario deve considerarsi assorbente di tutti i costi che ne influenzerebbero la determinazione analitica.

 

Registrazione delle operazioni

Per i soggetti che applicano il metodo forfettario sono previste modalità di annotazione semplificate, in particolare non è necessario tenere il registro speciale di carico-scarico, ma devono semplicemente annotare i corrispettivi delle operazioni effettuate, rientranti nel sistema forfettario, nel registro dei corrispettivi, in maniera separata rispetto a quelli relativi alle altre operazioni poste in essere.

L’annotazione deve essere eseguita entro il primo giorno non festivo successivo a quello di effettuazione dell’operazione, con imputazione al periodo d’imposta in cui è compreso il giorno di effettuazione della cessione.

Per quanto concerne gli acquisti di beni destinati alla rivendita, non vi è obbligo di registrazione, ma occorre numerare e conservare la relativa documentazione.

 

Metodo globale

Il terzo metodo previsto, ovvero quello globale, è quello tipicamente utilizzato dai rivenditori professionali di beni usati e prevede che da tutte le vendite effettuate nel periodo di riferimento si sottragga l’importo di tutti gli acquisti (inclusi quelli relativi alle spese di riparazione ed accessorie) registrati nello stesso periodo.

L’imposta dovuta per ciascun periodo è commisurata al margine globale dato dalla differenza tra l’ammontare complessivo delle cessioni e quello degli acquisti (aumentato delle spese di riparazione e accessorie) effettuati nei periodi di riferimento.

Se l’ammontare degli acquisti supera quello delle vendite, l’eccedenza può essere computata nella liquidazione relativa al periodo successivo.


Possono adottare il metodo globale gli operatori che svolgono in maniera abituale, il commercio di:

 

I soggetti che applicano il metodo globale di determinazione del regime sono obbligati a tenere due registri separati.

 

Emissione della fattura

Relativamente alla emissione della fattura, la regola fondamentale è quella che chi applica il regime in esame, a prescindere dal metodo, non può esporre in fattura (qualora venga emessa) l’imposta distintamente dal corrispettivo, ma deve annotare nella stessa che si tratta di operazione soggetta al regime del margine, indicando anche il riferimento normativo.

Le attività interessate dal suddetto regime sono svolte prevalentemente da soggetti che commerciano al dettaglio o in forma ambulante, e per tale tipologia di operatori, l’emissione della fattura non è obbligatoria, se non è espressamente richiesta dal cliente.

Naturalmente l’emissione della fattura è in ogni caso obbligatoria nell’ipotesi di operazioni per le quali si è scelto di applicare il regime ordinario, e in questo caso la fattura emessa riporterà l’espressa indicazione dell’imposta applicata all’intero corrispettivo.

 

Sanzioni

Le sanzioni previste dal D.L. 41 del 1995 (art. 38, comma5) riguardano la tenuta dei registri previsti dalla norma.

In particolare, per le omissioni o gli errori relativi alle annotazioni effettuate dai soggetti che applicano il regime del margine, si applicano le sanzioni previste dall’articolo 42, DPR 633/1972, per le corrispondenti violazioni commesse in applicazione del regime Iva ordinario.

Chi omette le annotazioni prescritte è punito con la pena pecuniaria in misura da due a quattro volte l’imposta relativa alle operazioni.

Se, invece, sono presenti delle inesattezze, che determinano un’imposta inferiore, verrà applicata la stessa sanzione commisurata alla differenza.

 

Quadro Normativo

Decreto Legge n. 41 del 23 febbraio 1995 (Art. da 36 a 40)

Decreto Legge n. 16 del 2 marzo 2012

D.P.R. 633 del 26 ottobre 1972 (Art. 24 e 25).

 

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