Rivalutazione dell'avviamento. Al Fisco la prova dell'applicabilità del metodo prescelto

Pubblicato il 28 luglio 2014 La Commissione tributaria regionale di Milano, con la sentenza n. 2977/20/14 depositata il 6 giugno 2014, ha ribaltato la decisione di primo grado e annullato un avviso con cui l'Ufficio finanziario aveva provveduto a rettificare il valore dell'avviamento di un'azienda che era stata oggetto di un'operazione di cessione.

Nella specie, l'Amministrazione finanziaria aveva impiegato, per la valutazione dell'avviamento, un metodo puramente reddituale, considerando, ossia, come reddito medio, il dato che scaturiva dalla media aritmetica degli utili fiscali dei tre anni precedenti la cessione.

Tale metodo di calcolo era stato censurato dai contribuenti secondo i quali il Fisco aveva omesso di raccogliere informazioni di fatto rilevanti ai fini della valutazione dell'avviamento dell'azienda compravenduta.

Atto impositivo congruamente motivato sul criterio di valutazione utilizzato

Per i giudici regionali, tuttavia, l'appello dei ricorrenti andava accolto non tanto nella contrapposizione, sul piano della maggiore o minore attendibilità del metodo seguito dall'Amministrazione rispetto a quello suggerito dai contribuenti stessi, quanto piuttosto con riferimento al motivo di gravame relativo alla incongruità della motivazione dell'atto impositivo.

L'Ufficio – si legge nel testo della sentenza – si era, infatti, limitato a indicare il criterio astratto utilizzato per determinare il maggior valore senza corroborare i dati richiamati con riferimenti alla specifica situazione.
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