Nuovo parere degli ermellini in merito al termine d’impugnazione della sentenza nel cd. “rito Fornero”. Il termine breve di 60 giorni, infatti, può decorrere anche dal ricevimento della comunicazione via Pec con la quale la cancelleria trasmette il testo integrale della pronuncia dei giudici di merito che s’intende impugnare al fine di ricorrere in Cassazione. Quindi, i 60 giorni non decorrono esclusivamente dalla notificazione della sentenza effettuata dalla controparte, come finora avvenuto nella prassi.
È questo il nuovo orientamento espresso dai giudici di legittimità, con la sentenza 29622 del 14 novembre 2019.
Come previsto dagli artt. 325 e 326 c.p.c., nel rito ordinario il termine breve di 60 giorni per impugnare la pronuncia decorre unicamente dalla notificazione della sentenza da parte dell’avvocato avversario. Se la notificazione non avviene, come sancito dall’art. 327 c.p.c., si può ricorrere in Cassazione entro sei mesi.
Analoghe tempistiche devono essere rispettate nel cd. “Rito Fornero”, introdotto dall’art. 1, co. 62 e 64 della L. n. 92/2012. In quest’ultimo caso, però, il termine di 60 giorni può decorre:
La motivazione principale che ha spinto la Suprema Corte a adottare un orientamento estensivo della norma, risiede sostanzialmente nella prassi spesso utilizzata dai giudici dei Tribunali e Corti d’Appello, i quali assumono in riserva la causa e successivamente la sciolgono comunicando alle parti, via Pec, il provvedimento che definisce il grado del giudizio.
In definitiva, nel “rito Fornero” il termine breve decorre dalla comunicazione della sentenza o dalla notificazione anteriore. In mancanza sia della comunicazione che della notificazione, si applica il termine lungo di sei mesi.
A tal conclusione non osta l’art. 133 c.p.c., là dove dispone che la comunicazione della sentenza non è idonea a far decorrere i termini per le impugnazioni di cui all’art. 325 c.p.c.
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