L’avvocato può essere compensato al di sotto dei minimi tariffari quando, per effetto della sua opera, il cliente abbia conseguito scarsi vantaggi economici.
Lo ha enunciato la Corte di Cassazione, prima sezione civile, respingendo il ricorso dell’avvocato di un fallimento, avverso il decreto di liquidazione del proprio compenso professionale.
La questione qui in evidenza – sottolinea la Suprema Corte – concerne la qualità dell’opera prestata dal difensore del fallimento, officiato di patrocinare il curatore nell'azione recuperatoria di somme pagate dal fallito alla banca, ma suscettibili di divenire oggetto di pronuncia d’inefficacia.
La natura dell’azione esperita (ex art. 67 l.f.) ed il risultato utile conseguito, nel primo grado, assai più modesto rispetto al petitum con cui era stato introdotto il giudizio (in secondo grado il fallimento era risultato addirittura soccombente), hanno persuaso il Giudice a quantificare il compenso del difensore al di sotto dei valori tariffari standard. E ciò, non avendo l’avvocato ricorrente dato conto di alcuna specifica e qualificata attività professionale di contrasto al riportato esito della causa.
Secondo la Corte, in particolare, il Tribunale ha fatto corretta applicazione del principio di cui all’art. 5 comma 3 D.m. 127/2004 - volto a temperare l’automatismo della regola basata sul valore della controversia - secondo cui nella liquidazione degli onorari a carico del cliente, oltre ai criteri di cui ai commi precedenti, può essere tenuto conto dei risultati del giudizio e dei vantaggi conseguiti (anche non patrimoniali), dell’urgenza richiesta per il compimento di singole attività e, nelle cause di straordinaria importanza, la liquidazione può arrivare fino al quadruplo dei massimi stabiliti.
La Corte ha parimenti ribadito, con sentenza n. 9619 dell'11 maggio 2016, il principio per cui il difensore del fallimento va retribuito in base al valore reale, economicamente inteso, della utilità cui ha di mira l’azione revocatoria fallimentare. Infatti, diversamente da quanto previsto in tema di revocatoria ordinaria, l’onorario per giudizi di revocatoria fallimentare – come nella specie – deve essere liquidato sulla base del valore del bene oggetto dell’atto dispositivo, poiché l’azione non viene proposta a tutela di uno specifico credito della procedura.
E’ dunque ben possibile, in tal caso, procedere alla determinazione del compenso professionale ex art. 6 comma 2 D.m. 127/2004, ovvero, avendo riguardo al valore effettivo della controversia, quando esso risulti manifestamente diverso da quello presunto a norma del codice di procedura civile.
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