Il dato esterno ed oggettivo della convivenza non costituisce elemento idoneo ad escludere a priori il diritto del non convivente al risarcimento del danno non patrimoniale da lesione del rapporto parentale.
E’ questa la doglianza sulla cui base due nipoti avevano impugnato in Cassazione la decisione di merito con cui era stato escluso il risarcimento del danno dagli stessi demandato per la morte della zia in un incidente, poiché con essi non convivente.
I ricorrenti avevano lamentato l’erroneità della regola di giudizio applicata dal giudice a quo, ispirata a un indirizzo giurisprudenziale (Cass n. 4253/2012) superato e più volte respinto da diverse successive pronunce di legittimità.
La Corte di cassazione, con ordinanza n. 8218 del 24 marzo 2021, ha giudicato fondato il motivo invocato dai deducenti, richiamando quanto sottolineato in una precedente decisione che aveva riguardato una fattispecie del tutto analoga (Cass n. 21230/2016).
In questa sede, era stato rilevato che se, da un lato, occorre sicuramente evitare il pericolo di una dilatazione ingiustificata dei soggetti danneggiati secondari, dall’altro non può tuttavia condividersi l’assunto secondo cui il dato esterno ed oggettivo della convivenza possa costituire elemento idoneo di discrimine e giustificare, dunque, l’aprioristica esclusione, nel caso di non sussistenza della convivenza medesima, della possibilità di provare in concreto l’esistenza di rapporti costanti e caratterizzati da reciproco affetto e solidarietà con il familiare defunto.
La Sesta sezione civile, condividendo questi rilievi, ha evidenziato come la convivenza, piuttosto, "escluso che possa assurgere a connotato minimo attraverso cui si estrinseca l’intimità dei rapporti parentali ovvero a presupposto dell’esistenza del diritto in parola", costituisce elemento probatorio utile, unitamente ad altri elementi, a dimostrare l’ampiezza e profondità del vincolo affettivo che lega tra loro i parenti e a determinare anche il quantum debeatur.
E per evitare un’ingiustificata dilatazione dei soggetti danneggiati secondari e la possibilità di prove compiacenti, è sufficiente che venga data prova rigorosa degli elementi idonei a provare la lamentata lesione e l’entità dei danni e che tale prova sia correttamente valutata dal giudice.
Di seguito è stato rammentato anche un successivo pronunciamento di Cassazione (Cass n. 28989/2019), secondo cui il legame tra zio e nipote, di per sé e indipendentemente dalla effettiva convivenza, può essere ricompreso tra le circostanze che possono giustificare meccanismi presuntivi utilizzabili al fine di apprezzare la gravità o l’entità effettiva del danno, attraverso il dato della maggiore o minore prossimità formale del legame parentale.
Questo, secondo una progressione che, se da un lato trova un limite ragionevole nell’ambito delle tradizionali figure parentali, dall’altro non può che rimanere aperta alla libera dimostrazione della qualità di rapporti e legami parentali che, benché di più lontana configurazione formale, si qualifichino per la loro consistente e apprezzabile dimensione affettiva e/o esistenziale.
In tema di risarcimento del danno parentale, in definitiva, non può essere esclusa a priori la legittimazione del familiare in ragione del solo dato della mancanza di un rapporto di convivenza qualora ciò si ponga in una prospettiva diametralmente opposta alla corretta ricostruzione dei fatti.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".