Risarcimento da demansionamento solo in capo alla cessionaria

Pubblicato il 25 maggio 2021

Nel caso affrontato nell’Ordinanza 20 maggio 2021, n. 13787, la Corte di Cassazione conferma che nelle ipotesi di invalidità del trasferimento d’azienda, accertata giudizialmente, ancorché il rapporto di lavoro permane con il cedente, se ne instaura uno nuovo – in via di fatto – con un nuovo e diverso soggetto alle cui dipendenze il lavoratore abbia materialmente continuato a lavorare, sicché su quest’ultimo datore di lavoro ricade la responsabilità per violazione dell’art. 2103, Codice Civile, e non anche al cedente.

Il principio è stato rilevato dagli Ermellini a seguito del ricorso proposto dal datore di lavoro avverso la sentenza della Corte d’Appello Partenopea, che confermando la decisione del giudice di prime cure, condannava la cessionaria in solido per il risarcimento del danno da demansionamento accertato a far data dall’aprile 2002.

Tra i motivi, il ricorrente deduceva la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1218, 1223 e 2112, Codice Civile, osservando che il demansionamento accertato protrattosi da aprile 2002 ad ottobre 2010 era erroneamente imputabile solidalmente alle società per l’intero periodo, in ragione della cessione di ramo d’azienda realizzata nel marzo 2004.

Invero, il danno scaturente dal demansionamento non è riconducibile alla diretta condotta della cedente, potendo il cessionario utilizzare il lavoratore nelle attività coerenti con la sua professionalità.

Altresì, si rammenta che ai sensi dell’art. 2112, Codice Civile, il cedente è obbligato in solido con il cessionario per i crediti anteriori alla cessione e non già per i periodi successivi alla stessa.

In tal senso, atteso che con sentenza passata in giudicato era già stata confermata l’illegittimità e l’inefficacia della cessione del ramo d’azienda, i Giudici di Piazza Cavour confermano la responsabilità del solo cessionario per il danno da demansionamento in considerazione del rapporto giuridico costituito in via di fatto, cosicché l’eventuale violazione delle disposizioni di cui all’art. 2103, Codice Civile, non può essere imputata al cedente che, in concreto, non ha utilizzato la prestazione lavorativa.

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