L'erogazione del rimborso Iva in “conto fiscale” da parte dell'agente della riscossione, non preclude all'Amministrazione finanziaria il successivo accertamento dello status di società di comodo e il conseguente recupero delle somme indebitamente rimborsate.
Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 6195/2017 del 13 marzo, in accoglimento del ricorso dell'Agenzia delle Entrate avverso la decisione della Ctr Sardegna.
La Ctr aveva stabilito che l'erogazione del rimborso Iva sul conto fiscale comporta l'accertamento dell'operatività della società e, di conseguenza, impedisce il successivo contrario accertamento; inoltre, la stessa aveva disconosciuto l'onere della società di provare la propria operatività sul piano reddituale, ritenendo che la dimostrazione fosse insita in un'operazione di puro incremento patrimoniale, consistente nell'acquisizione di un capannone destinato all'attività d'impresa.
La Cassazione – sentenza n. 6195/2017 – ripercorre la finalità sottostante al sistema del rimborso in “conto fiscale”, che è quella proprio di accelerare l'esecuzione del rimborso, consentendone l'erogazione anteriormente ai controlli sostanziali. Ma se questa procedura avesse come effetto quello di impedire il successivo accertamento dei requisiti sostanziali, allora – secondo la Suprema Corte - tale accertamento dovrebbe precedere l'erogazione del rimborso e vanificare lo scopo del “conto fiscale”; né avrebbe senso la richiesta della polizza fideiussoria, che è necessaria proprio per assicurare la restituzione delle somme già erogate, ma successivamente accertate come non dovute.
Per tali ragione - conclude la sentenza - il rimborso erogato “in conto fiscale” su richiesta della società non impedisce agli uffici delle Entrate il successivo accertamento in ordine alla natura di società non operativa ai sensi dell'art. 30 della legge n. 724/1994, condizione, questa, che preclude il rimborso del credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale.
Circa l'onere della società di provare la qualifica di società "di comodo" in ragione della sottoproduzione di ricavi rispetto a quelli previsti dal test di operatività, ponendo a carico della stessa l'onere di fornire la prova contraria, la Cassazione ritiene che, ai fini del rimborso Iva, la società considerata di comodo ha l'onere di provare i fatti giustificativi idonei a superare la presunzione di non operatività, non essendo rilevante a tale scopo un'operazione di mero incremento patrimoniale, non produttiva di reddito.
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