Ad un dipendente che già svolgeva compiti e turni gravosi, il datore di lavoro ha chiesto reiteratamente di svolgere compiti aggiuntivi ma il lavoratore ha domandato di essere esentato dallo svolgere questi ulteriori compiti per i quali era anche prevista un'autonoma retribuzione perché necessitava di recuperare le energie psicofisiche e di dedicarsi alla cura degli interessi familiari.
Per la Cassazione, sentenza n. 12094 del 17 maggio 2018, il rifiuto, nel caso di specie, non era pretestuoso - ovvero immotivato - quindi non legittimava il licenziamento, ma era stato posto in relazione ad un'oggettiva impossibilità di svolgere, rebus sic stantibus, anche l'ulteriore compito richiesto ed il fatto che la Direzione Provinciale del Lavoro avesse anche contestato all’azienda il mancato rispetto dei riposi ed il superamento delle ore di straordinario dimostra che in effetti il lavoratore svolgeva turni gravosi.
Sanzionare il lavoratore per il solo fatto di aver avanzato richiesta di esenzione equivale a comprimere persino l'espressione di bisogni minimali in contrasto con le regole di esecuzione del contratto, vieppiù con l'art. 21 Cost., e ipotizza finanche una strumentalizzazione da parte dell'azienda dell'annunciata impossibilità del compito aggiuntivo al fine di liberarsi del dipendente.
D'altra parte, per gli Ermellini deve escludersi che i provvedimenti datoriali siano assistiti da una presunzione di legittimità che ne imponga l'ottemperanza fino a contrario accertamento in giudizio (ex multis Cass.10 novembre 2008, n. 2692; Cass. 20 dicembre 2002, n. 18209; Cass. 7 agosto 2015, n. 16592), sicché un'inobbedienza del lavoratore ben può risultare a posteriori giustificata.
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