In materia di TARI, è onere del contribuente l'onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare del diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile o, addirittura, l'esenzione.
Questo, nonostante operi il principio secondo cui è l'ente impositore a dover fornire la prova della fonte dell'obbligazione tributaria.
Ne consegue che l'eventuale mancata istituzione o la mancata attivazione del servizio di gestione dei rifiuti speciali, valendo come fatti costitutivi dell'esenzione o della riduzione della TARI, devono essere provate dal contribuente che pretende di avvalersene dinanzi al giudice tributario per l’annullamento dell’atto impositivo, non rilevando, in senso ostativo, che si tratti di “fatti negativi”.
Sono i principi richiamati dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 5433 del 21 febbraio 2023, pronunciata nell'ambito di una causa promossa da una società contribuente, oppostasi a una cartella di pagamento per TARI.
Nella decisione, gli Ermellini hanno altresì spiegato come sia pacifico che l'onere probatorio gravante, a norma dell'art. 2697 del Codice civile, su chi intende far valere in giudizio un diritto, ovvero su chi eccepisce la modifica o l'estinzione del diritto da altri vantato, non subisce deroga neanche quando abbia ad oggetto "fatti negativi".
Difatti, la negatività dei fatti oggetto della prova non esclude né inverte il relativo onere, gravando esso pur sempre sulla parte che fa valere il diritto di cui il fatto, pur se negativo, ha carattere costitutivo.
Tuttavia, non essendo possibile la materiale dimostrazione di un fatto non avvenuto, la relativa prova può esser data mediante dimostrazione di uno specifico fatto positivo contrario, o anche mediante presunzioni dalle quali possa desumersi il fatto negativo.
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