La Corte di cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso che conteneva un’esposizione dei fatti "eccedentaria" rispetto all’esigenza di sommarietà indicata dall’articolo 366, primo comma, n. 3) del Codice di procedura civile.
In quest'ultima norma, l'esposizione dei fatti della causa che deve essere contenuta, a pena di inammissibilità, nel ricorso per cassazione, è indicata come sommaria.
Nel caso sottoposto all’esame della Suprema corte, invece, l’esposizione del fatto contenuta nell’atto introduttivo si sviluppava per ben 22 pagine, riproducendo, sostanzialmente, il contenuto di tutti gli atti dei precedenti gradi del giudizio.
Gli Ermellini, con ordinanza n. 19294 del 18 luglio 2019, hanno ritenuto che il modo del ricorrente di assolvere il requisito di cui all’articolo 366 c.p.c. fosse inidoneo al raggiungimento dello scopo.
Difatti, anziché consistere in una sommaria informazione sul fatto sostanziale e processuale, attraverso l’indicazione dei vari passaggi in cui questo si era articolato, supponeva che la Cassazione dovesse, per percepirlo, leggere tutta la serie di atti ivi riportata.
Si trattava - secondo la Sesta sezione civile di Cassazione - di una modalità affatto diversa dalla mera indicazione alla Corte degli atti stessi e dall’invito a leggerli aliunde rispetto al ricorso, equivalente “all’assenza del requisito come parte del ricorso e dunque come oggetto di un’attività espositiva, conforme alla funzione narrativa del ricorso stesso sul punto, individuata dal legislatore con la parola esposizione”.
Una modalità di esposizione del fatto, ossia, che per consolidata giurisprudenza di legittimità è inidonea al raggiungimento dello scopo.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".