Con sentenza n. 133 del 25 giugno 2021 la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 263, comma 3, Codice civile, nella parte in cui non prevede che il termine annuale di decadenza decorra per l’autore del riconoscimento dalla mera scoperta della non paternità, che riguarda qualsivoglia ragione l’abbia determinata (e non solo la scoperta dell’impotenza).
Per i magistrati del consesso, è irragionevole far decorrere il termine annuale di decadenza dall’annotazione del riconoscimento, per colui che ignora il difetto di veridicità, limitando la possibilità di far valere la decorrenza del termine dalla scoperta della non paternità alla sola ipotesi dell’impotenza.
Da ciò discende una irragionevole disparità di trattamento fra autori del riconoscimento, che possano provare l’impotenza, e autori del riconoscimento non affetti da tale patologia, che siano parimenti venuti a conoscenza della non veridicità della paternità biologica, quando oramai sia decorso il termine annuale conteggiato a partire dall’annotazione del riconoscimento.
Sempre con la medesima pronuncia n. 133/2021, è stata ritenuta infondata la questione di legittimità riguardante la fissazione di un limite massimo di 5 anni per l’impugnazione. Infatti, un così lungo periodo di tempo è tale da radicare il legame familiare.
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