La Corte di cassazione, con la sentenza n. 48288 depositata il 7 dicembre 2015, ha rigettato il ricorso presentato da un professionista, un architetto, contro la sentenza di condanna impartitagli dai giudici di merito per il reato di riciclaggio, con conseguente applicazione della misura della confisca dei beni già sottoposti a sequestro.
L’imputato era stato ritenuto coinvolto nell’operazione di ripulitura di denaro di un’associazione per delinquere, finalizzata a emettere e utilizzare fatture per operazioni inesistenti da scontare in banca per ottenere anticipazioni sui rispettivi importi.
La condotta dello stesso – a detta dell’accusa – si collocava nella fase del trasferimento del denaro di provenienza illecita sui conti correnti di società estere anonime e, in particolare, nel successivo passaggio dei soldi ad alcune società aventi sede in Italia, facenti capo al medesimo. Era l’architetto, da quanto emerso dalle indagini, ad aver eseguito materialmente le consegne del denaro contante in questa ultima fase.
Il ricorso dell’imputato è stato rigettato dalla Suprema corte sull’assunto che lo stesso ricalcasse pedissequamente gli argomenti già prospettati in sede di gravame e ai quali la Corte d’appello aveva dato adeguate risposte.
La Corte di legittimità ha, in particolare, aderito alle conclusioni rese da quest’ultimo organo giudiziario in ordine all’infondatezza della tesi difensiva circa l’asserita insussistenza degli estremi del reato di riciclaggio.
Nel testo della decisione di condanna era stato dato particolare rilievo alle risultanze di alcune intercettazioni telefoniche e dell’interrogatorio del soggetto coimputato.
Tra gli altri motivi prospettati dalla difesa del professonista, è stato ritenuto privo di rilievo l’assunto secondo il quale l’imputato disponeva di ingenti risorse economiche per lo svolgimento della propria attività professionale all’estero e proprio perché residente all’estero ed iscritto all’Aire, Anagrafe degli italiani residenti all’estero, non era tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi in Italia, a nulla rilevando, quindi, il dato della mancanza di reddito in Italia, ai fini della ritenuta sproporzione.
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