La domanda di riammissione in servizio del dipendente pubblico non comporta l’adozione di atti organizzativi, né di procedure concorsuali, e non introduce un procedimento amministrativo ma una mera proposta contrattuale.
Proposta, quest’ultima, che si fonda sull’esistenza di un precedente rapporto di lavoro ed è estranea alle vicende proprie della costituzione ex novo del rapporto lavorativo.
Conseguentemente, per individuare il giudice cui spetta decidere sulle relative controversie occorre applicare le norme che regolano l’attribuzione della giurisdizione per i rapporti di pubblico impiego.
Così, nell’ipotesi di un’istanza di riammissione in servizio presentata nel 2007, trova applicazione ratione temporis la disciplina dettata dall’articolo 63 del D. Lgs. n. 165/2001, che attribuisce le controversie relative ai rapporti di lavoro con la pubblica amministrazione al giudice ordinario in funzione del giudice del lavoro.
Sulla base di detta normativa, il potere dell’amministrazione di disporre la riammissione in servizio si è trasformato da potere amministrativo autoritativo a potere privato, che si esercita mediante atti di natura negoziale.
Si versa, in definitiva, al di fuori dell’ambito del diritto pubblico e, pertanto, la lite è devoluta al giudice ordinario.
E’ quanto si legge nel testo della sentenza di Cassazione n. 15053, pronunciata a Sezioni unite civili e depositata il 19 giugno 2017.
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