Al fine di contrastare l’evasione fiscale e impedire che il subappaltatore non versi l’Iva incassata dall’impresa subappaltante, 2007 (art. 1, comma 44) estende alle prestazioni di servizi rese nel settore edile dai subappaltatori il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge) rendendo così l’impresa subappaltante debitrice dell’imposta. Affinchè il suddetto meccanismo funzioni è necessario, però, che siano richieste garanzie e sia stipulato un contratto tra le parti. In altri termini, l’inversione contabile si applica solo ai contratti di subappalto nel settore edile; cosa resa possibile dall’esistenza a monte di un contratto di appalto. Sostanzialmente occorre, quindi, la presenza di almeno tre soggetti: committente, appaltatore e subappaltatore. I requisiti vengono meno nel caso in cui si interpone una diversa tipologia contrattuale come, per esempio, quella di vendita con posa in opera. La pura e semplice prestazione di lavoro, oltre la fornitura di materia, non è sufficiente di per sé per concludere che si tratti sempre di appalto. Occorre cioè distinguere il caso in cui si abbia vendita da quello in cui si tratti di appalto vero e proprio. A tal fine è utile ricorrere alla tabella di classificazione delle attività economiche Ateconfin (2004) e alle note esplicative delle Entrate (circolare 37/E/2006), in cui sono elencate tutte le attività che rientrano nell’attività di costruzione e quelle che, invece, ne sono escluse. In conclusione, quindi, si deve ribadire che il regime del reverse charge si applica se le prestazioni rese da subappaltatori, anche per attività non esercitate in via esclusiva o prevalente: a) sono effettuate in favoe di un’impresa di costruzione e ristrutturazione subappaltante e soggetto Iva in Italia, b) sono rese nell’ambito del settore edile (lavori privati e pubblici).
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