Il regime di responsabilità solidale tra il committente imprenditore/datore di lavoro e l'appaltatore, stabilito dall’articolo 29, secondo comma, del Decreto legislativo n. 276/2003, è applicabile ai soggetti privati, anche se questi siano committenti di appalti pubblici e, quindi, soggetti alla relativa disciplina.
Le aziende private, ossia, sono obbligate in solido con l'appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi, comprese le quote di trattamento di fine rapporto, nonché i contributi previdenziali e i premi assicurativi dovuti in relazione al periodo di esecuzione del contratto di appalto.
E ciò – si ribadisce - anche se all’aggiudicazione e alla stipula dei servizi risulti applicabile il Codice degli appalti pubblici.
E’ quanto evidenziato dalla Corte di cassazione nell’ordinanza n. 8959 del 6 aprile 2017, e con la quale è stata esclusa ogni incompatibilità tra le due discipline in esame.
Da un lato – ha precisato la Suprema corte – il D.Lgs. 276/2003 regola la materia dell’occupazione e del mercato del lavoro, sul piano della tutela delle condizioni dei lavoratori, mentre, dall’altro, il D.Lgs. n. 163/2006 opera sul diverso piano della disciplina degli appalti pubblici, con una più intensa concentrazione sull’esecuzione dell’appalto in conformità a tutti gli obblighi previsti dalla legge.
Conseguentemente, è da ritenere coerente la possibilità di un concorso, nei confronti di un imprenditore soggetto di diritto privato – nel caso di specie Trenitalia Spa – delle due discipline tra loro “ben compatibili”, e ciò in considerazione dell’assenza di un espresso divieto di legge di diverso tenore.
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