L’azione di responsabilità contrattuale nei confronti di un professionista che abbia violato i propri obblighi professionali, può essere accolta se e nei limiti in cui il danno si sia effettivamente verificato, occorrendo a tale scopo verificare se il cliente avrebbe potuto conseguire, con ragionevole certezza, una situazione economicamente più vantaggiosa qualora il professionista avesse diligentemente adempiuto la propria professione.
E’ questo l’orientamento ribadito dalla Corte d’Appello di Milano, Seconda sezione civile, respingendo le ragioni di un contribuente che, avverso l’avviso di accertamento per maggior imposte notificatogli dalle Entrate, aveva conferito incarico a due ragionieri di presentare ricorso alla Commissione tributaria provinciale, che lo aveva tuttavia respinto per un vizio relativo al conferimento del mandato, senza entrare nel merito della questione. Lo stesso appello alla Commissione regionale, proposto dai professionisti e parimenti respinto, aveva avuto ad oggetto la sola regolarità del mandato, senza proporre alcuna censura afferente al merito. Da qui l’azione di responsabilità contrattuale nei confronti dei difensori.
Azione respinta nel caso di specie, dal momento che – rammenta la Corte d’Appello con sentenza n. 1448 del 5 aprile 2017 – dalla prospettazione originariamente svolta dal contribuente nel processo tributario, non è dato desumere alcun elemento tale da far presumere una ragionevole possibilità di esito favorevole del ricorso, anche se fosse stato esaminato nel merito.
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