Responsabilità aquiliana del condomino che ritratta il consenso ai lavori

Pubblicato il 15 settembre 2020

Il consenso che venga prestato a parole dal proprietario di un fondo all'esecuzione, da parte del proprietario confinante, di opere che si risolvano in menomazioni di carattere reale per il suo immobile non determina la nascita di servitù, per la mancanza del requisito dell'atto scritto.

Tuttavia, la prestazione e la successiva revoca del consenso, in relazione alle circostanze in cui si sono verificate, possono concretizzare un fatto illecito e giustificare il diritto al risarcimento, ai sensi dell'art. 2043 c.c., per il quale e sufficiente dal punto di vista soggettivo la colpa, senza che sia necessaria la fraudolenza del comportamento di chi aveva prestato e poi revocato il consenso medesimo.

E’ sulla base di questo assunto che la Suprema corte, con ordinanza n. 18929 dell’11 settembre 2020, ha accolto, con rinvio, il motivo di doglianza sollevato da una condomina, condannata al ripristino dello stato dei luoghi inerenti le parti comuni, nonché al pagamento dell'indennità ex articolo 1127 c.c., in relazione ad alcune stanze realizzate con l'inglobamento del vano scale condominiale.

I giudici di merito avevano respinto la domanda di risarcimento dei danni che la stessa aveva avanzato in via riconvenzionale in considerazione dell'ingiustificata revoca ad un consenso già pienamente manifestato dalle controparti, anche se solo in forma verbale.

Consenso dato poi revocato, possibile responsabilità extracontrattuale

Secondo la Cassazione, nella sentenza impugnata non era stato correttamente applicato il sopra menzionato principio in quanto il consenso prestato dai controricorrenti era stato qualificato quale atto di liberalità per la mancanza di un corrispettivo pattuito, il che, tuttavia, non era sufficiente  - a detta degli Ermellini - ad escludere la responsabilità extracontrattuale derivante dall'aver prima dato il consenso ai lavori e, successivamente, all'esecuzione degli stessi, dall'averlo revocato citando in giudizio la deducente.

Ai fini della responsabilità aquiliana, infatti, ciò che era rilevante non era che il consenso ai lavori fosse stato espresso senza la forma prescritta dalla legge, bensì che sussistessero i presupposti dell'illecito extracontrattuale (fatto illecito colposo o doloso, danno ingiusto e nesso di causalità).

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