Anche in relazione ai reati tributari, la confisca del denaro rinvenuto nel conto corrente dell'imputato è da ritenere "diretta" anche quando sia possibile dimostrare la provenienza lecita della specifica somma oggetto di ablazione.
Di alcun rilievo il fatto che la confisca sia stata disposta per equivalente: il giudice d'appello può sempre riqualificare la misura, anche d'ufficio, da confisca per equivalente in confisca diretta, qualora ne sussistano i presupposti.
Lo ha puntualizzato la Corte di cassazione con sentenza n. 16576 del 19 aprile 2023, nel dichiarare inammissibile uno dei motivi del ricorso del titolare di una ditta individuale, imputato per frode fiscale, nei confronti del quale era stata disposta la confisca diretta della somma di denaro rinvenuta sul suo conto corrente.
Secondo gli Ermellini, era corretto che la sentenza impugnata avesse concluso affermando la sussistenza dei presupposti per qualificare la confisca in esame come confisca diretta, anche avuto riguardo ai reati per i quali era stata dichiarata l'estinzione per prescrizione in appello, dopo la condanna in primo grado.
Costituisce principio consolidato - ha rammentato la Corte - quello secondo cui il giudice dell'impugnazione può confermare un provvedimento di confisca del profitto del reato, anche quando questo, dopo la pronuncia di condanna in primo grado, deve essere dichiarato estinto per prescrizione, quando per la predetta fattispecie è prevista la confisca obbligatoria del pertinente prezzo o profitto.
E' la stessa giurisprudenza ad aver evidenziato che la confisca del denaro costituente profitto o prezzo del reato, comunque rinvenuto nel patrimonio dell'autore della condotta, e che rappresenti l'effettivo accrescimento patrimoniale monetario conseguito, va sempre qualificata come diretta, e non per equivalente, in considerazione della natura fungibile del bene.
Di conseguenza, non è ostativa alla sua adozione l'allegazione o la prova dell'origine lecita della specifica somma di denaro oggetto di apprensione.
Il principio, come detto, trova applicazione anche in relazione ai reati tributari di cui al D. Lgs. n. 74/2000, rispetto ai quali la Corte di legittimità ha affermato che la confisca ex art. 12-bis del medesimo decreto, avente ad oggetto le somme di denaro affluite sul conto corrente intestato alla persona giuridica, anche successivamente alla commissione del reato da parte del suo legale rappresentante, ha natura di confisca diretta: le somme, infatti, costituiscono comunque profitto del reato e il risparmio di spesa conseguente all'omesso versamento delle imposte si risolve in un mero vantaggio per il suo autore.
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