RdC: reato solo se le dichiarazioni omesse incidono sul diritto al beneficio

Pubblicato il 28 luglio 2022

E' stato annullato, dalla Cassazione, il sequestro preventivo emesso dal Gip a carico di una donna, indagata del reato di cui all’art. 7, comma 1, del Dl n. 4/2019, per aver reso, in occasione della presentazione dell’istanza per accedere al reddito di cittadinanza, informazioni incomplete e non corrispondenti al vero sulla propria situazione economica.

Il sequestro era stato disposto nei confronti della carta di pagamento per l'accredito del RdC e delle disponibilità liquide corrispondenti all'importo ivi contenuto, quale asserito profitto del reato.

L'indagata si era rivolta alla Suprema corte negando che tali omissioni potessero avere rilevanza penale in quanto, anche a prescindere dalle mancate informazioni, ella avrebbe avuto diritto alla percezione del reddito di cittadinanza.

Con sentenza n. 29910 del 27 luglio 2022, la Seconda sezione penale della Cassazione ha giudicato fondato tale rilievo, dopo aver premesso di non ignorare la giurisprudenza di legittimità sinora prevalente.

Ad avviso dell'orientamento affermatosi, in particolare, il delitto di specie è integrato per il solo fatto che il richiedente la misura di sostegno fornisca false indicazioni od ometta di rendere informazioni dovute, anche parziali, dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del RdC, e questo indipendentemente dall'effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'ammissione al beneficio (sentenze n. 5289/2020 nonché n. 33431/2021).

Di contro, secondo la Seconda sezione penale la struttura del fatto tipico, come delineata dalla norma incriminatrice con particolare riguardo alla specificazione dell'elemento soggettivo, in uno con la lettura sistematica delle norme che disciplinano il sistema dei controlli, condurrebbero ad escludere rilevanza penale alle condotte commissive o omissive poste in essere dal richiedente nei casi in cui manchi il collegamento funzionale tra quelle condotte e il risultato dell'indebita percezione della misura.

Difatti - si legge nella decisione - la norma che sanziona il rilascio e l'utilizzazione di false dichiarazioni o documenti in sede di richiesta del Rdc descrive l'elemento soggettivo della fattispecie secondo lo standard proprio del dolo specifico, in ragione della finalità richiesta perché assuma rilevanza la condotta decettiva.

Da qui l'adesione alla lettura della fattispecie incriminatrice in termini di reato di pericolo concreto, "dovendosi apprezzare la capacità della condotta nell'incidere sulla rappresentazione, falsata e astrattamente idonea ad attribuire all'agente il possesso di requisiti mancanti per fruire della misura in esame".

Lettura, questa, peraltro già affermata nella recente sentenza di Cassazione n. 44366/2021, con la quale è stato precisato che le false indicazioni dei dati di fatto riportati nell'autodichiarazione finalizzata all'ottenimento del reddito di cittadinanza o le omissioni, anche parziali, di informazioni dovute, rilevano solo ove strumentali al conseguimento del beneficio, cui altrimenti non si avrebbe diritto. 

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