Quarantena obbligatoria, esclusa l’indennità di malattia

Pubblicato il 02 settembre 2021

Qualora un soggetto è costretto a stare in quarantena in quanto venuto a contatto con un potenziale contagiato, il periodo trascorso tra le mura domestiche è considerato “malattia”. Questo accadeva, però, solo nel 2020, poiché per quest’anno, a causa di mancanza di fondi, occorre gestire tale periodo di quarantena in modo diverso. La nuova regola, inoltre, vale esclusivamente per i lavoratori del comparto privato perché nel pubblico impiego permane la copertura ai sensi dell’art. 87, co.1, del D.L. n. 18/2020

L’evoluzione normativa ha interessato in particolar modo la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro che, con l’approfondimento dell’1 settembre 2021, ha evidenziato tutte le criticità gestionali e le “discriminazioni” tra lavoratori dipendenti del settore pubblico e privato e tra le varie tipologia di assenza.

Decreto Cura Italia, la gestione della quarantena obbligatoria

Gli esperti della Fondazione Studi CdL muovono la loro analisi dal D.L. n. 18/2020 (cd. “Decreto Cura Italia”), il quale ha previsto all’articolo 26 tutele speciali per i lavoratori subordinati del settore privato in quarantena e permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva, nonché per i cd. lavoratori fragili (sia del settore privato sia pubblico) impossibilitati a rendere la propria prestazione lavorativa in modalità agile.

In entrambi i casi, il Legislatore ha equiparato tali assenze, rispettivamente, alla malattia e al ricovero ospedaliero, senza incidere sul periodo di comporto. Tra l’altro vi è l’obbligo, per il medico curante, di redigere un certificato di malattia.

Quarantena obbligatoria, criticità gestionali per il 2021

Dal 1° gennaio 2021, però, le regole sono cambiate. Da tale data, infatti, per i lavoratori in quarantena e permanenza domiciliare ex art. 26, c. 1 del D.L. n. 18/2020 le assenze non sono più a carico dell’Istituto e ‒ qualora fossero state gestite come le analoghe assenze nel 2020 ‒ dalla data di entrata in vigore del predetto decreto legge a livello teorico il flusso andrebbe rettificato con spesa unicamente a carico del datore di lavoro e senza alcuna compartecipazione dell’ente previdenziale.

Quarantena obbligatoria, le possibili soluzioni secondo i CdL

Sul punto, secondo i CdL appare necessario e non ulteriormente differibile destinare nuove e ingenti risorse al finanziamento dei fondi previsti sia dall’art. 26, co. 1, sia del co. 2, per assenti per quarantena e per lavoratori fragili impossibilitati all’espletamento delle proprie attività lavorative, specie nel caso di lavoratori privi della tutela della vaccinazione per motivi sanitari.

Risulta inoltre irrealistico, secondo gli esperti della Fondazione Studi CdL, oltre che irrazionalmente gravoso da un punto di vista operativo, ridefinire con valenza retroattiva dal gennaio 2021 a oggi tutti gli eventi di quarantena, già indennizzati dai datori di lavoro sulla base di un legittimo affidamento, in assenza di istruzioni chiare, univoche.

Peraltro, la scelta di non rifinanziare lo strumento crea situazioni discriminatorie fra lavoratori pubblici e privati, nonché all’interno dei diversi comparti dello stesso settore privato.

Resta dunque fortemente sconsigliabile operare fin da subito una modifica delle denunce UniEmens già trasmesse con restituzione delle quote di malattia a carico dell’Istituto, almeno fino alla fine delle interlocuzioni fra Ministeri competenti e INPS, nell’auspicio di un finanziamento retroattivo delle tutele fin qui commentate, anche sulla base di numerosi precedenti. Dal marzo 2020 a oggi, si sono infatti susseguiti interventi ex post che hanno, pur se tardivamente e non sempre sufficientemente, rimediato a insufficienti tutele sul versante degli ammortizzatori sociali.

In conclusione, potrà essere opportuno adottare specifiche voci di paga nel Libro Unico del Lavoro e nei prospetti di paga mensili che indichino l’anticipo delle indennità di malattia erogate unicamente dal datore di lavoro nel caso della quarantena in attesa di rifinanziamento pubblico, valutando anche la sottoscrizione di appositi accordi collettivi, anche territoriali o aziendali che sopperiscano alla situazione di confusione creata dalla tardività nell’erogazione delle risorse pubbliche.

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