Proposta di direttiva Ue sull’applicazione del reverse charge alle cessioni di certi beni e servizi

Pubblicato il 09 novembre 2009

Con comunicazione 2009/511 del 29 settembre scorso, l’Unione europea ha formalizzato una proposta di direttiva ed ha fornito alcune indicazioni in materia di strumenti di contrasto alle frodi Iva.

Con il documento, la Commissione tenta di arginare un fenomeno sempre più diffuso tra i Paesi europei: quello appunto delle nuove forme di evasione fiscale. I dati sono significativi. Solo in Italia, con riferimento al 2006, si registra uno scarto del 22% (la media comunitaria è del 12%) tra l’Iva teoricamente esigibile sulle transazioni e quella effettivamente riscossa, con un danno per le casse dell’Erario superiore a 26 miliardi di euro.

Per ovviare a tale fenomeno, la proposta di direttiva contenuta nella comunicazione mira a consentire agli Stati membri di ricorrere in modo sempre più ampio al meccanismo del reverse charge (inversione contabile) per le operazioni che hanno ad oggetto alcune cessioni di beni e prestazioni di servizi con particolare profilo di rischio circa l’assolvimento dell’imposta da parte del cedente/prestatore. La scelta di estendere il meccanismo dell’inversione contabile sta nel fatto che esso è in grado di rendere tecnicamente impossibili le frodi carosello, anche se non si esclude che si presti ad incentivare altre forme di comportamenti evasivi. Per tali ragioni, nella proposta di direttiva vengono previsti, a carico degli operatori che cedono e acquistano in regime di reverse charge, obblighi specifici in materia di informativa.

Di fatto, dunque, la proposta prevede:

- di estendere il meccanismo del reverse charge anche ad alcune delle categorie di cessioni di beni individuati al comma 6 dell’articolo 17 del Dpr 633/72, come modificato dalla Finanziaria 2007 (cellulari, microchip, profumi, metalli preziosi);

- di estendere il meccanismo dell’inversione contabile in modo generalizzato a tutti i 27 Paesi, mentre ora è utilizzato in deroga.

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