Professionista vittima di sinistro. Danno da perdita di capacità lavorativa va provato

Pubblicato il 19 maggio 2017

In presenza di una invalidità permanente di non trascurabile entità a seguito di sinistro, il danno che sia derivato al professionista per maggiore difficoltà nello svolgimento dell’attività lavorativa, non può essere presunto, ma deve invece essere allegato e provato.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, terza sezione, respingendo la richiesta di un notaio, vittima di un sinistro stradale quale terzo trasportato, da cui aveva riportato un danno fisico di non lieve entità.

Il professionista, agendo sia contro il vettore che contro l’altro conducente (e la compagnia assicurativa), chiedeva anche che gli fosse riconosciuto il danno patrimoniale derivante dalla contrazione della sua capacità lavorativa specifica, e quindi la perdita di guadagno e di incremento delle proprie occasioni lavorative, stanti le oggettive difficoltà fisiche che non gli consentivano di mantenere i medesimi ritmi dell’attività precedente.

Dichiarazione dei redditi non sono prove sufficienti

Ma la Corte di Cassazione – confermando quanto dedotto dai giudici territoriali - ha respinto la domanda, ritenendo non sufficientemente provata la contrazione di capacità lavorativa. Né in proposito – affermano gli ermellini con sentenza n. 12467 del 18 maggio 2017 – si traggono elementi univoci dalle dichiarazioni dei redditi fornite dal notaio, da cui non è dato dedurre un progressivo decremento dei guadagni, quanto piuttosto delle semplici oscillazioni, che però non sono idonee a provare una costante diminuzione della capacità lavorativa, né il rapporto causale tra di essa ed il verificarsi del sinistro.

 

 

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