L’avvocato di una nazionalità Ue che non abbia potuto esercitare la professione forense in Italia, essendogli stata rifiutata, in violazione della direttiva 89/48/CEE, l’iscrizione all'albo professionale, subordinandola all'espletamento di una prova attitudinale, ha diritto ad essere risarcito dallo Stato italiano del danno patrimoniale subito, ma non di quello alla reputazione.
La Corte di cassazione si è pronunciata sulla vicenda di un avvocato tedesco al quale la Corte d’appello aveva riconosciuto, appunto, il risarcimento del danno patrimoniale pari a 75mila euro, in conseguenza dell’accertamento della responsabilità della Stato Italiano per il danno subito, non ammettendo, invece, il danno non patrimoniale (inteso come danno alla reputazione) per difetto del nesso causale e ritenendo, altresì, che doveva imputarsi allo stesso avvocato la violazione delle norme sul divieto di esercizio della professione, al tempo vigenti in Italia, che aveva dato luogo a diversi procedimenti penali e disciplinari.
A fronte di quest’ultima statuizione, l’avvocato aveva promosso ricorso in cassazione che, però, è stato rigettato. Da qui, lo stesso aveva proposto ricorso per revocazione ai sensi dell'articolo 391 bis c.p.c, ritenendo questa ultima sentenza affetta da errore di fatto.
Tuttavia, la Sesta sezione civile, con ordinanza n. 10469 del 3 maggio 2018, ha ritenuto inammissibile anche quest’ultimo ricorso.
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