Nell'ambito del processo tributario, nel caso di estinzione del giudizio, per cessazione della materia del contendere determinata dall'annullamento in autotutela dell'atto impugnato, il giudice può disporre la compensazione delle spese di lite, con il rischio che il processo tributario possa avere costi molto elevati per il contribuente.
Questo il principio sancito dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 15767 del 23 giugno 2017, con la quale gli Ermellini respingono il ricorso di un cittadino che - nell'ambito di un processo tributario - nonostante lo sgravio da parte dell'Amministrazione nelle more del giudizio, aveva dovuto sopportare metà delle spese di lite.
Richiamando la pronuncia della Corte Costituzionale n. 274 del 2005, nell'Ordinanza n. 15767/2017 si legge quanto segue: “nel processo tributario, alla cessazione della materia del contendere per annullamento dell'atto in sede di autotutela non si correla necessariamente la condanna alle spese secondo la regola della soccombenza virtuale, qualora tale annullamento non consegua ad una manifesta illegittimità del provvedimento impugnato sussistente sin dal momento della sua emanazione, stante, invece, l'obiettiva complessità della materia chiarita da apposita norma interpretativa, costituendo in tal caso detto annullamento un comportamento processuale conforme al principio di lealtà, ai sensi dell'art. 88 cod. proc. civ., che può essere premiato con la compensazione delle spese”.
Di qui la decisione della Suprema Corte di respingere il ricorso del contribuente e il riscontro, da parte della stessa Corte, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
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