Presupposti Iva e regime impositivo
In un paese ad alta vocazione turistica come l'Italia la locazione di case stanze e appartamenti per le vacanze può risultare una attività che crea un rilevante riscontro economico. Nell’ambito della nozione di locazione turistica in particolare viene riscontrata un’attività ricettiva, che consiste nella messa a disposizione totale o parziale di immobili ad uso abitativo a favore di turisti per soggiorni di breve durata. Questa attività viene regolata in ambito amministrativo solo in parte da normative statali (vi è ad esempio il c.d. Codice del turismo le cui disposizioni in parte sono state dichiarate costituzionalmente illegittime), essendo per lo più disciplinata a livello locale da leggi regionali e regolamenti locali, e di conseguenza per una esaustiva analisi delle singole fattispecie di locazione turistica non si può non fare riferimento alle diverse discipline territorialmente vigenti.
Nell'attività di locazione turistica si possono individuare:
gli esercizi di affittacamere ovvero strutture ricettive composte da camere ubicate in più appartamenti ammobiliati nello stesso stabile, nei quali sono forniti alloggio ed eventualmente servizi complementari;
i bed and breakfast ovvero strutture ricettive a conduzione ed organizzazione familiare, gestite da privati in forma non imprenditoriale;
le unità abitative ammobiliate ad uso turistico, ovvero strutture (case o appartamenti), arredati e dotati di servizi igienici e di cucina autonomi, dati in locazione ai turisti, nel corso di una o più stagioni, con contratti aventi validità non inferiore a sette giorni e non superiore a sei mesi consecutivi senza la prestazione di alcun servizio di tipo alberghiero.
Il Codice del turismo specifica ad esempio che i bed and breakfast affinché continuino ad essere considerati strutture extra alberghiere, possono essere gestiti da privati unicamente in forma non imprenditoriale, posto che qualora vengano organizzati in forma imprenditoriale e gestiti in modo professionale devono essere considerate strutture alberghiere e para-alberghiere.
Le unità abitative ammobiliate ad uso turistico possono essere gestite sia in forma imprenditoriale che in forma non imprenditoriale, rimanendo qualificate in entrambe le ipotesi, come strutture ricettive extra-alberghiere.
Le unità abitative ammobiliate ad uso turistico inoltre possono anche essere gestite in modo indiretto, vale a dire avvalendosi dell’intermediazione di agenzie immobiliari e società di gestione immobiliare turistica, le quali possono intervenire nella locazione turistica o quali mandatarie (con o senza rappresentanza), ovvero quali sub-locatrici.
Osserva – Tali indicazioni fornite dal legislatore nazionale, a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale di buona parte degli articoli del Codice del turismo, sono confluite, con diverse modifiche, nell’ambito della legislazione regionale e nei regolamenti comunali.
In mancanza di una specifica normativa a cui fare riferimento per quanto concerne i profili fiscali si osserva che bisogna attenersi ai principi generali del nostro ordinamento tributario e quello comunitario (in particolare per l’Iva), così come interpretati dalla prassi e dalla giurisprudenza prevalenti.
Ai sensi dell’art. 1 del D.P.R. n. 633 del 1972, rilevano ai fini Iva solo le prestazioni di servizi e le cessioni di beni effettuate (nel territorio dello Stato) da soggetti che esercitano attività d’impresa, arti o professioni, e pertanto affinché una locazione turistica rientri nel campo di applicazione dell’imposta, è necessario che sussistano:
un requisito soggettivo (il soggetto effettua l’operazione nell’ambito dell’esercizio di un’attività d’impresa);
un requisito oggettivo (la locazione è riconducibile alla nozione di prestazione di servizi);
un requisito territoriale (la prestazione di servizi deve considerarsi effettuata nel territorio dello Stato).
Una volta riscontrata la rilevanza Iva dell’operazione bisognerà determinare il regime impositivo applicabile alla fattispecie, verificando se l’attività commerciale eventualmente svolta integri i requisiti di un’attività di gestione immobiliare (con conseguente applicazione del regime Iva di esenzione, di cui all’art. 10, numero 8) del D.P.R. n. 633 del 1972), ovvero di una prestazione di servizi di tipo alberghiero (con conseguente applicazione del regime Iva di imponibilità, scontando l’aliquota del 10% ai sensi del n. 120 della Tabella A, Parte III, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972).
Il comma 1 dell’art. 4 del D.P.R. n. 633 del 1972 prevede che per esercizio di impresa si intende l’esercizio per professione abituale ancorché non esclusiva, delle attività commerciali o agricole di cui agli artt. 2135 e 2195 del C.C., anche se non organizzate in forma d’impresa.
Qualora si tratti di prestazioni di servizi non richiamate dalle suddette disposizioni civilistiche, la stessa deve essere esercitata mediante organizzazione in forma d’impresa per poter essere considerata un’attività commerciale.
La locazione turistica non rientra fra le attività di cui agli artt. 2135 e 2195 del C.C., pertanto, per poterla qualificare come un’attività commerciale, è necessario che la medesima sia organizzata in forma d’impresa.
In particolare per configurare un’organizzazione in forma d’impresa è necessario che il soggetto non si limiti a prestare determinati servizi, ma svolga a proprio rischio un’attività di organizzazione di mezzi e persone finalizzata alla prestazione medesima.
Si può affermare che rilevano ai fini Iva tutte le locazioni turistiche svolte in via non occasionale e mediante adozione di una certa organizzazione di capitale e lavoro.
Sotto il profilo oggettivo le operazioni Iva si distinguono in cessioni di beni e prestazioni di servizi, e pertanto la verifica di tale presupposto consiste nel riscontrare se una locazione turistica possa o meno considerarsi una prestazione di servizi, ai sensi di quanto disposto dall’art. 3 del D.P.R. n. 633 del 1972.
Affinché una prestazione di servizi posta in essere nell’esercizio di arti, professioni o attività d’impresa, sia rilevante ai fini Iva è necessario che la stessa risponda ai criteri di collegamento con il territorio dello Stato (territorialità) di cui agli articoli da 7 a 7-septies del D.P.R. n. 633 del 1972 (come modificati e/o introdotti dal D.Lgs. n. 18 del 2010, in recepimento della Direttiva 2008/8/CE).
In particolare nell’ambito della disciplina normativa nazionale, l’art. 7 del D.P.R. n. 633 del 1972 fissa le definizioni, mentre l’art. 7-ter individua i principi generali della territorialità Iva delle prestazioni di servizi, stabilendo due criteri che operano in funzione della qualificazione soggettiva del committente, a cui fanno eccezione una serie limitata di fattispecie derogatorie, disciplinate dai successivi articoli da 7-quater a 7-septies del medesimo D.P.R. n. 633 del 1972.
Ai sensi del comma 1 dell’art. 7-ter del d.P.R. n. 633 del 1972, le prestazioni di servizi si considerano effettuate in Italia quando sono rese a soggetti passivi Iva, stabiliti nel territorio dello Stato, ovvero quando sono rese a consumatori finali da soggetti passivi stabiliti nel territorio dello Stato.
Nota bene - Al di fuori delle descritte ipotesi, la prestazione di servizi risulta essere territorialmente irrilevante e quindi “fuori campo Iva”.
L’individuazione del luogo di tassazione delle prestazioni di servizi relative a beni immobili rientra fra le fattispecie derogatorie dei criteri generali di territorialità Iva ed è regolata dall’art. 7-quater del d.P.R. n. 633 del 1972 facendo esclusivo riferimento al luogo nel quale si trova l’immobile.
In proposito, la lett. a) dell’art. 7-quater prevede che le prestazioni di servizi relative a beni immobili, incluse le prestazioni di periti, di agenti immobiliari, la fornitura di alloggio nel settore alberghiero o in settori con funzione analoga, la concessione di diritti di utilizzazione di un bene immobile e le prestazioni tendenti a preparare o a coordinare l’esecuzione di lavori edili (come, ad esempio, le prestazioni fornite dagli architetti e dagli uffici di sorveglianza), sono tassate in Italia solo qualora l’immobile sia ivi situato.
Il tenore letterale della disposizione vigente, a seguito delle modifiche apportate in occasione del recepimento della Direttiva 2008/8/CE, ha reso esplicita l’applicabilità alle prestazioni di servizi di tipo alberghiero e dell’ospitalità più in generale del criterio di territorialità previsto per le prestazione di servizi relative a beni immobili.
Inoltre in relazione al regime applicabile alle prestazioni di intermediazione immobiliare, eventualmente connesse con la locazione turistica, è utile ricordare quanto evidenziato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare 29 luglio 2011, n. 37/E. In tale occasione infatti l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che trattandosi di una disposizione derogatoria dei principi generali di territorialità dell’Iva, l’art. 7-quater del D.P.R. n. 633 del 1972 deve essere oggetto di interpretazione restrittiva.
In quest’ottica, mentre l’attività degli agenti immobiliari rientra (per espressa previsione normativa) tra le prestazioni rilevanti nel luogo in cui è ubicato l’immobile, “non sono invece da ritenere ricompresi nell’ambito applicativo della disposizione stessa le intermediazioni (rese dalle agenzie di viaggio o da altri soggetti) relative alla prenotazione di servizi alberghieri” per le quali torneranno applicabili le regole generali della territorialità Iva.
Tuttavia nel caso in cui l’intermediazione turistica sia resa (in nome e per conto del committente) nei confronti di un consumatore finale, ancora una volta si applica un regime derogatorio dei criteri generali. In tal caso infatti trova applicazione la disposizione di cui all’articolo 7-sexies, lettera a), assumendo rilievo il luogo in cui è effettuata la prestazione alberghiera oggetto dell’intermediazione. Le stesse sono pertanto rilevanti ai fini impositivi in Italia se la struttura ricettiva è situata in Italia e irrilevanti se la struttura ricettiva è situata in altro Stato.
Per la determinazione del regime Iva (imponibilità o esenzione) applicabile alle locazioni turistiche, è necessario verificare se l’attività commerciale eventualmente svolta integri i requisiti di un’attività di gestione immobiliare, o una prestazione di servizi di tipo alberghiero.
Nel primo caso troverà applicazione il regime Iva di esenzione di cui all’art. 10, numero 8) del D.P.R. n. 633 del 1972, nel secondo l’operazione sconterà l’imposta all’aliquota del 10%, ai sensi di quanto disposto dal n. 120 della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972.
Secondo le indicazioni fornite dalla giurisprudenza di legittimità, per l’applicazione dell’aliquota Iva al 10% (in luogo dell'esenzione) occorre che si verifichino i seguenti due requisiti:
che il cliente sia "alloggiato";
che i servizi gli siano resi nell’ambito di una "azienda alberghiera", cioè di una struttura che fornisce alcuni servizi (es. la pulizia, i cambi di biancheria, i pasti, ecc.) non meramente accessori alla locazione.
L’elemento discriminante fra le operazioni locative e le prestazioni “alberghiere” secondo la giurisprudenza deve essere individuato nella presenza o meno di forniture di servizi accessori alla mera locazione.
Secondo i più recenti interventi di prassi, affinché le locazioni di immobili abitativi possano essere qualificate attività di tipo turistico-alberghiero e attratte nella specifica normativa Iva prevista per l’attività propria degli alberghi, motel, esercizi di affittacamere, case ed appartamenti per vacanze, e simili, è necessario che ricorrano i requisiti a tal fine richiesti dalla normativa regionale di settore.
Infatti l’attività di locazione di immobili ad uso turistico può essere qualificata come attività di prestazione di alloggio nel settore alberghiero se sia qualificabile come tale sulla base della normativa di settore. In tal caso è assoggettata ad Iva, con applicazione dell’aliquota del 10 %, ai sensi del n. 120) della Tabella A, Parte III, allegata al D.P.R. n. 633 del 1972”.
Viceversa tornerà applicabile il regime Iva di esenzione, riservato alle locazioni di immobili di civile abitazione, qualora dal combinato disposto delle norme regionali di settore e della normativa ordinaria emerga che le prestazioni di alloggio sono prive del carattere “alberghiero”.
La corretta individuazione del regime Iva (di esenzione o imponibilità) applicabile alla fattispecie rileva anche ai fini della deducibilità dell’imposta assolta a monte, la quale compete esclusivamente nel caso in cui l’attività esercitata sia qualificabile come prestazione di servizi “alberghieri”, resi in regime Iva di imponibilità.
La normativa fiscale non contiene alcuna definizione delle fattispecie negoziali tipicamente utilizzate nelle locazioni turistiche, ma prevede la classificazione dei redditi in virtù delle regole generali, e in base a queste individua i criteri necessari alla loro determinazione. Di conseguenza la corretta individuazione dei modelli impositivi applicabili alle diverse tipologie di locazioni turistiche ai fini delle imposte dirette, non può prescindere dall’analisi delle caratteristiche dell’attività concretamente svolta, per poterla inquadrare, in una delle categorie reddituali di cui all’art. 6 del Tuir.
Tale analisi va in primo luogo indirizzata a verificare se l’attività svolta configura una pura e semplice locazione di beni immobili (con conseguente produzione di reddito fondiario, ex art. 36 del Tuir), ovvero un’attività commerciale (che a seconda che sia o meno svolta in via abituale, produrrà reddito diverso, ex art. 67, comma 1, lett. i) del Tuir, o redditi d’impresa, ex art. 55 del Tuir).
Il corretto inquadramento della componente reddituale in esame deve necessariamente partire dall’individuazione di quegli elementi concreti idonei a tracciare il confine fra l’esercizio di un’attività di mera locazione immobiliare e l’esercizio di una attività commerciale.
La risoluzione ministeriale n. 9/1916 del 31 dicembre 1986, ha considerato elemento discriminante per la qualificazione reddituale dei proventi derivanti dallo svolgimento di attività di affittacamere la fornitura o meno di “servizi accessori”, in aggiunta alla locazione immobiliare.
Nel documento si ritiene che la fornitura anche abituale, di appartamenti ammobiliati e camere mobiliate verso un determinato corrispettivo, non accompagnata dalla prestazione di servizi accessori, non è idonea ad integrare gli estremi necessari per la configurabilità di una attività imprenditoriale.
In linea con tale orientamento interpretativo pertanto, qualora la locazione venga effettuata senza la fornitura di servizi accessori, i canoni d’affitto costituiscono un reddito da fabbricati e di conseguenza le imposte sui redditi vanno assolte mediante applicazione dei criteri di determinazione del reddito di cui all’art. 37 del Tuir.
In proposito è utile sottolineare che affinché ai fini Irpef si configurino dei redditi di fabbricati e non redditi d’impresa è inoltre necessario che la locazione turistica sia condotta senza organizzazione e professionalità. In caso contrario si potrebbe riscontrare l’esistenza di un’impresa seppure di mera gestione immobiliare e non di prestazioni di servizi alberghieri.
Nell’ipotesi in cui la locazione turistica produce un reddito da fabbricati, detto reddito può essere assoggettato a tassazione o mediante applicazione del regime ordinario Irpef ovvero il regime sostitutivo della cedolare secca.
Ricordiamo che la cedolare secca consiste in un regime facoltativo di tassazione cui può accedere con opzione il proprietario o il titolare di diritto reale di godimento di unità immobiliari locate ad uso abitativo (e al di fuori del regime d’impresa). In particolare in applicazione di tale regime il canone di locazione relativo ai contratti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo può essere assoggettato, in base alla decisione del locatore, ad un’imposta operata nella forma della cedolare secca, sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione.
Il regime sostitutivo della cedolare secca può senz’altro trovare applicazione anche nei confronti delle locazioni turistiche, ovviamente fermo restando che dette locazioni presentino le caratteristiche necessarie a produrre redditi fondiari e non redditi da attività commerciali, nonché verificando la sussistenza degli altri requisiti soggettivi ed oggettivi per l’applicazione di detto regime.
Osserva - La cedolare secca può essere invocata anche in presenza di un’attività di intermediazione svolta da agenzie immobiliari (Circolare n. 26/E del 1 giugno 2011), sebbene con modalità differenti a seconda se il rapporto di intermediazione sia un mandato con o senza rappresentanza.
L’opzione per il regime sostitutivo può essere esercitata anche nel caso in cui l’intermediazione immobiliare avvenga mediante conferimento di mandato senza rappresentanza. In tal caso è necessario che l’immobile ad uso abitativo sia locato dall’agenzia immobiliare per finalità abitative a soggetti che non esercitano attività d’impresa, o arti e professioni. Detti presupposti devono essere espressamente previsti nel contratto di mandato stipulato tra proprietario ed agenzia, quale vincolo per l’agenzia.
Il regime della cedolare secca non trova applicazione nel caso in cui il proprietario dell’immobile stipuli un contratto di locazione con l’agenzia immobiliare così che questa regoli i rapporti con i successivi acquirenti del servizio con contratti di sub locazione. In questo caso mancherebbero i presupposti soggettivi necessari all’applicazione del regime sostitutivo perché posto che il locatario dell’immobile sarebbe un soggetto esercente attività d’impresa.
La prestazione di servizi accessori integrativi del contratto di locazione costituisce, secondo la prassi amministrativa, l’elemento discriminante per qualificare i relativi proventi non più come redditi di fabbricati ma redditi derivanti da attività commerciali.
Nello specifico l’affitto di camere ammobiliate o appartamenti con prestazione di servizi accessori (ad es. la consegna e il cambio della biancheria e il riassetto del locale), configura un’attività commerciale.
I proventi derivanti dall’esercizio di detta attività commerciale potranno a loro volta essere qualificati come:
redditi diversi se l’attività risulti essere occasionale;
redditi d’impresa se tale attività venga esercitata in via abituale e organizzata in forma d’impresa.
Osserva - Le prestazioni di servizi alberghieri non rientrano infatti fra le attività economiche elencate dall’art. 2195 del C.C., pertanto, ai sensi di quanto disposto dall’art. 55 del Tuir, affinché possa configurarsi un’attività d’impresa è necessario riscontrare la sussistenza di un’organizzazione di capitale e lavoro di tipo imprenditoriale.
Con riferimento al requisito dell’abitualità, la risoluzione del 1986 n.9/916, (argomento ripreso anche da altri documenti di prassi) ha evidenziato che “il requisito della professionalità abituale – il quale implica il compimento, sebbene discontinuo di una serie ripetuta di atti per la produzione o lo scambio di beni e di servizi - assume decisiva rilevanza agli effetti fiscali in quanto costituisce l'elemento distintivo tra i redditi derivanti da attività commerciali, la cui determinazione viene effettuata in base ai principi propri del reddito d’impresa di cui agli artt. 51 e seguenti del D.P.R. n. 597/1973 e quelli derivanti da attività occasionali regolati dall’art. 77 dello stesso decreto”.
Se invece l’attività commerciale viene svolta in modo occasionale, i proventi derivanti dalla locazione turistica (integrata con la prestazione di servizi accessori) costituiscono redditi diversi che vanno determinati come differenza fra l’ammontare dei corrispettivi delle prestazioni di alloggio percepiti e le spese inerenti la loro produzione (art. 67, comma 1, lett. i) e art. 71, comma 2, del Tuir).
Nel caso in cui l’attività commerciale di locazione turistica venga svolta con abitualità ed con un'organizzazione in forma d’impresa, i proventi derivanti dalla locazione integrano redditi d’impresa che vanno determinati applicando le relative disposizioni del Testo unico delle imposte sui redditi.
A tale ultimo proposito va osservato che in via generale gli immobili catastalmente classificati come abitativi (categorie da A/1 a A/11, tranne A/10) e posseduti dalle imprese, sono considerati immobili patrimoniali con conseguente indeducibilità delle spese di gestione e funzionamento degli stessi.
Il regime fiscale di detti immobili cambia se gli stessi seppur abitativi per natura divengono strumentali per destinazione. Pertanto gli immobili oggetto di locazioni turistiche organizzate in forma d’impresa essendo strumentali per destinazione concorrono a formare il reddito d’impresa.
Quadro Normativo |
D.P.R. n.633 del 26 ottobre 1972 D.P.R. n. 917 del 22 dicembre 1986 Codice Civile art. 2135 e 2195 Decreto legislativo n. 79 del 23 maggio 2011 Decreto legislativo n. 23 del 14 marzo 2011 |
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