Prima del ricorso in Ctp è d’obbligo porre l’istanza di reclamo all’Ufficio tributario

Pubblicato il 29 marzo 2012


L’articolo 17-bis del processo tributario, appositamente introdotto dal D.L. n. 98/2011, richiede, prima di adire il giudice tributario, di inoltrare apposita istanza alla competente direzione dell’Agenzia delle entrate. La circolare n. 9/E illustra gli istituti del reclamo e della mediazione, previsti solo per liti di valore non superiore a 20.000 euro, che fanno il loro ingresso dal 1° aprile 2012.


 INTRODUZIONE

1. Per le controversie di valore non superiore a ventimila euro, relative ad atti emessi dall'Agenzia delle entrate, chi intende proporre ricorso è tenuto preliminarmente a presentare reclamo secondo le disposizioni seguenti ed è esclusa la conciliazione giudiziale di cui all'articolo 48.


2. La presentazione del reclamo è condizione di ammissibilità del ricorso. L'inammissibilità è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio.


Sono i primi due commi del nuovo articolo 17-bis, Decreto legislativo n. 546/1992 (processo tributario), introdotto dall’articolo 39, comma 9, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che immette nel corpo del contenzioso tributario l’istituto del reclamo e della mediazione.


Riportando le parole usate nella relazione di accompagnamento al citato decreto, obiettivo del nuovo istituto è di offrire un “rimedio amministrativo per deflazionare il contenzioso relativo ad atti di valore non elevato, emessi dall’Agenzia delle entrate”. Infatti la procedura è diretta a evitare il ricorso ai giudici tributari per contestazioni che possono essere risolte in sede amministrativa, “attraverso un esame volto ad anticipare l’esito ragionevolmente atteso del giudizio, tenuto conto della situazione di fatto e di diritto sottesa alla singola fattispecie.”


L’applicazione della norma trova spazio a partire dal 1° aprile 2012 o, più precisamente, dagli atti ricevuti dal contribuente a partire dal 1° aprile 2012.


I punti principali del nuovo istituto sono:


- l’applicazione solo alle controversie di valore non superiore a 20.000 euro;


- l’obbligatorietà della fase amministrativa del reclamo (la sua mancanza produce inammissibilità del ricorso tributario) prima di proporre ricorso davanti alle commissioni tributarie;


- la durata di un massimo di 90 giorni della procedura di reclamo;


- l’eventuale fase della mediazione, a fronte del mancato accoglimento dell’istanza di annullamento dell’atto agenziale;


- il reclamo e l’eventuale tentativo di mediazione sono trattati da strutture dell’Agenzia diverse ed autonome da quelli che hanno emanato gli atti contestati.


ATTI CHE RICHIEDONO LA PROPOSIZIONE DEL RECLAMO


Il contribuente deve forzatamente accedere alla fase amministrativa del reclamo:


quando il valore della controversia non sia superiore a ventimila euro


se l’atto da impugnare rientra in quelli presenti nell’articolo 19, D.Lgs. n. 546 del 1992, emesso dall’Agenzia delle entrate,


in presenza di controversia relativa a:

-  avviso di accertamento;

-  avviso di liquidazione;

- provvedimento che irroga le sanzioni;

-  ruolo;

-  rifiuto espresso o tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti;

-  diniego o revoca di agevolazioni o rigetto di domande di definizione agevolata di rapporti tributari;

- ogni altro atto emanato dall’Agenzia delle entrate, per il quale la legge preveda l’autonoma impugnabilità innanzi alle Commissioni tributarie.


Importante:
Si intende compreso tra gli atti reclamabili anche il rifiuto tacito della restituzione di tributi, sanzioni pecuniarie e interessi o altri accessori non dovuti, ossia il rifiuto tacito di un rimborso. A tale scopo si precisa che la nuova procedura va applicata se, alla data del 1° aprile 2012, non sono decorsi 90 giorni dalla data di presentazione dell’istanza di rimborso.


ATTI ESCLUSI DAL NUOVO ISTITUTO


Non sono oggetto di reclamo
e di eventuale mediazione le controversie relative ad atti elencati nell’articolo 19 suddetto, che non sono stati emessi dall’Agenzia delle entrate, pur essendo impugnabili dinanzi alle commissioni tributarie.


Si tratta di:

- cartella di pagamento (qui intesa come atto riferibile all’attività dell’Agente della riscossione, con esclusione  del ruolo a cui si riferisce);

-  avviso di intimazione di cui all’articolo 50, comma 2, del D.P.R. n. 602/1973;

-  iscrizione di ipoteca sugli immobili;

-  fermo di beni mobili registrati;

-  atti relativi alle operazioni catastali;

-  controversie concernenti il recupero di aiuti di Stato dichiarati incompatibili.


Rimane fermo che rientrano nel nuovo istituto, previsto dall’articolo 17-bis, Dlg. 546/92, gli atti con cui il contribuente intende eccepire la mancata notifica di un atto presupposto riconducibile all’attività dell’Agenzia delle entrate.


Precisazioni in ordine alla cartella di pagamento


Devono sollevarsi dei distinguo in ordine alla cartella di pagamento, che generalmente è esclusa dalla fase di reclamo. Tale è se vengono rilevati vizi propri della cartella di pagamento.


Ma non nel caso in cui si impugni la cartella di pagamento sollevando vizi riconducibili solo all’attività dell’Agenzia delle entrate e la relativa controversia sia di valore non superiore a ventimila euro; l’ipotesi richiede la presentazione del reclamo preventivo.


Più articolato si presenta il caso dell’impugnazione della cartella di pagamento in cui si eccepiscono vizi relativi sia all’attività svolta dall’Agenzia sia a quella dell’Agente della riscossione.


Sommariamente, si accede alla fase del reclamo solo quando


1. Il contribuente avvia la fase di mediazione nei confronti dell’Agenzia, senza notificare il ricorso all’Agente della riscossione
, in relazione alle contestazioni riguardanti l’Agenzia delle entrate.


2. Il contribuente notifica il ricorso all’Agente della riscossione e contestualmente avvia la fase di mediazione con l’Agenzia delle entrate
.


VALORE DELLA CONTROVERSIA

Per valore della controversia si intende l’importo del tributo contestato dal contribuente con il ricorso, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate.


Esso va determinato con riferimento a ciascun atto impugnato.

In caso di atto di irrogazione delle sanzioni ovvero di impugnazione delle sole sanzioni, il valore della controversia è costituito dalla somma delle sanzioni contestate.


La circolare precisa che:


- se un atto si riferisce a più tributi
→ il valore della lite si determina con riferimento al totale delle imposte contestate;


- se si tratta di impugnazione cumulativa
avverso una pluralità di atti → il valore della lite si determina con riferimento a ciascun atto impugnato con il ricorso cumulativo. In quest’ultima ipotesi, in presenza di atti aventi un valore non superiore a 20.000 euro, il contribuente deve avvalersi obbligatoriamente della procedura del reclamo ed eventuale mediazione;


- se si tratta di rifiuto espresso o tacito alla restituzione di tributi → il valore della lite si  determina in base all’importo del tributo richiesto a rimborso, al netto degli accessori;


- se si tratta di istanza di rimborso relativa a più periodi d’imposta → il valore della lite è dato dall’importo del tributo richiesto a rimborso per singolo periodo di imposta;


- se si tratta di avviso di accertamento che riduce o azzera la perdita dichiarata (senza accertamento di un reddito) → il valore è determinato dalla sola imposta “virtuale” (calcolata applicando le aliquote vigenti per il periodo d’imposta oggetto di accertamento all’importo risultante dalla differenza tra la perdita dichiarata, utilizzata e/o riportabile e quella accertata);


- se si tratta di avviso di accertamento che contiene anche un’imposta dovuta → il valore è dato dall’importo risultante dalla somma dell’imposta “virtuale e dell’imposta commisurata al reddito accertato;


- se si tratta di accertamento che rettifica in aumento l’imposta dovuta da persona fisica che aveva utilizzato una perdita d’impresa per ridurre altri redditi → il valore della lite è dato dalla maggiore imposta accertata e dalla imposta “virtuale” relativa alla eventuale parte di perdita riportabile.


ENTRATA IN VIGORE


In merito all’entrata in vigore della mediazione – che, si rammenta, decorre dagli atti ricevuti dal contribuente a partire dal 1° aprile 2012 – occorre effettuare alcune precisazioni.


Per gli atti notificati a mezzo posta anteriormente al 1° aprile 2012 e ricevuti dal contribuente dopo tale data, il reclamo deve essere attivato e l’eventuale giudizio davanti alla Commissione tributaria provinciale non può essere proposto direttamente, essendo obbligatorio esperire il procedimento di cui all’articolo 17-bis in discorso.


L’ISTANZA DI MEDIAZIONE


Con la presentazione di tale atto si apre una fase amministrativa in cui il contribuente e l’Agenzia delle entrate possono giungere ad una soluzione della questione: rideterminazione della pretesa tributaria ovvero dell’importo chiesto a rimborso.


In tale ambito verrà esaminata la possibilità di evitare un lungo contenzioso, attraverso lo studio preliminare della fondatezza dei motivi del ricorso.


L’istanza si caratterizza per una particolarità:


deve contenere, a pena di inammissibilità, i motivi di fatto e di diritto per i quali si contesta la pretesa, i quali devono coincidere con i motivi di impugnazione proposti nel ricorso
.


Questo comporta che, qualora la mediazione fallisca, l’istanza può produrre gli effetti del ricorso giurisdizionale.


Ne consegue che il ricorso depositato nella segreteria della Commissione tributaria provinciale deve essere conforme a quello consegnato o spedito alla Direzione con l’istanza di mediazione, a pena di inammissibilità dello stesso.


Elementi dell’istanza
sono:

- l’indicazione della Direzione provinciale o regionale che ha emanato l’atto impugnato o che non ha emanato l’atto richiesto;

- i dati relativi al contribuente e al suo legale rappresentante, la residenza o sede legale o il domicilio eventualmente eletto nel territorio dello Stato, nonché il codice fiscale e l’eventuale indirizzo di posta elettronica certificata (PEC);

- l’indicazione dell’atto impugnato e l’oggetto dell’istanza;


- i motivi;


- il valore della controversia, al fine di definire l’obbligatorietà della fase di mediazione.


Ad essa vanno allegati:


- copia dell’atto impugnato;


- copia di tutti i documenti che si intende includere nel ricorso da depositare in segreteria, qualora vi sia esito negativo del procedimento di mediazione e di eventuale costituzione in giudizio.


Nella medesima istanza è consentito allegare una motivata proposta di mediazione, completa della rideterminazione dell’ammontare del tributo.


E’ altresì possibile la redazione di un’unica istanza per avviare il procedimento di mediazione con riguardo a più atti impugnabili, in modo speculare alla redazione di un ricorso cumulativo. Ma, poiché non si applica il principio della riunione dei giudizi, vanno avviati, per ciascuno degli atti impugnati, separati procedimenti.


Tale istanza non soggiace all’imposta di bollo
. Sarà dovuto il contributo unificato solamente in caso di deposito del ricorso presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale, a seguito di mancato accordo di mediazione.

La notifica dell’istanza, all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate che ha emanato l’atto, va eseguita nei seguenti modi:

-  a mezzo di ufficiale giudiziario;

-  mediante consegna diretta all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate;

-  direttamente a mezzo del servizio postale, in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento.


Si noti che il destinatario dell’istanza è la Direzione provinciale o regionale che ha emanato l’atto, ma l’istruttoria sarà seguita da apposite strutture diverse ed autonome.

L’istanza va notificata:

- a pena di inammissibilità, entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto che il contribuente intende impugnare;


- nel caso di rifiuto tacito opposto a una domanda di rimborso, l’istanza può essere proposta dopo il novantesimo giorno dalla domanda di rimborso presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta e fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto.


In caso di presentazione di istanza di accertamento con adesione il termine per la proposizione dell’eventuale, successiva istanza di mediazione è sospeso per un periodo di novanta giorni dalla data di presentazione da parte del contribuente dell’istanza di accertamento con adesione.


Sospensione - La circolare n. 9/E/2012 precisa che il termine di proposizione dell’istanza di mediazione è soggetto alla sospensione dei termini processuali nel periodo feriale. Diversamente, la sospensione di diritto dal 1° agosto al 15 settembre non trova applicazione nel corso della procedura di mediazione vera e propria, ex art. 17-bis, comma 7 e seguenti.


Per effetto della presentazione dell’istanza, si interrompe il decorso del termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto.


Poiché la presentazione dell’istanza non produce la sospensione automatica dell’esecuzione dell’atto impugnato, il contribuente può inoltrare richiesta, con il reclamo, per ottenere tale sospensione. Se le motivazioni non risultano infondate, la Direzione può concedere la sospensione, che non può essere protratta oltre il tempo necessario alla conclusione della procedura di mediazione.


ESITO DELL’ISTANZA


Dopo la trattazione dell’istanza, se le motivazioni sono state giudicate valide per l’annullamento dell’atto in via di autotutela, l’Ufficio accoglie il reclamo.


Similmente, l’istanza viene accolta se si ritiene che i presupposti del rimborso richiesto siano sussistenti.


Se l’esito del giudizio dell’ufficio porta a considerare assenti i presupposti per procedere all’annullamento dell’atto o per concludere la mediazione, entro novanta giorni dal ricevimento dell’istanza, deve comunicare al contribuente il diniego dell’accoglimento dell’istanza.


Se il giudizio sulla validità dei presupposti è negativo, ma l’ufficio ritiene possibile giungere alla mediazione, presenta una proposta in tale senso, di fronte alla quale il contribuente può accettare l’intero importo del tributo, accertato con l’atto impugnato, al solo fine di beneficiare della conseguente riduzione delle sanzioni irrogate.


MEDIAZIONE


Se l’Ufficio ritiene sussistenti i presupposti per la mediazione, può agire in due modi:


1. invita il contribuente a sottoscrivere il relativo accordo di mediazione, qualora nell’istanza sia stata formulata anche la proposta di mediazione, da parte del contribuente, contenente la rideterminazione dell’ammontare della pretesa e ritenga di accettarla;


2. comunica una propria proposta motivata di mediazione, completa della rideterminazione della pretesa tributaria, qualora l’istanza presentata non sia accompagnata dalla proposta di mediazione del contribuente.


Negli altri casi, se l’ufficio ritiene possibile esperire la mediazione, invita il contribuente al contraddittorio.


Pagamento dalla sanzione


Intervenuto l’accordo sulla mediazione, il contribuente è soggetto al pagamento della sanzione amministrativa nella misura del 40% delle somme irrogabili in relazione all’ammontare del tributo risultante dalla mediazione. In ogni caso la misura delle sanzioni non potrà essere inferiore al quaranta per cento dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo.


In sostanza, di fronte al ricevimento di un avviso di accertamento o di liquidazione, il contribuente, entro il termine per la proposizione del ricorso, può:


- aderire all’atto, ottenendo la riduzione a un terzo della sanzione (La riduzione sarà pari ad un sesto se l’atto nei confronti del quale viene prestata acquiescenza non è stato preceduto dall’invito);


- formulare istanza di accertamento con adesione;


- proporre reclamo ai sensi dell’art. 17-bis, Dlgs n. 546/1992, se  il valore non è superiore a 20.000 euro;


- ricorrere al giudice tributario.


Si precisa che una volta scelto di percorrere per prima la via del reclamo, non è poi consentito inoltrare istanza di accertamento con adesione.


PERFEZIONAMENTO DELLA MEDIAZIONE


Il perfezionamento della procedura di mediazione avviene


con il versamento dell’intero importo dovuto


o


della prima rata in caso di pagamento rateale
,


effettuato entro venti giorni dalla conclusione dell’accordo
di mediazione.


Il pagamento va eseguito con modello F24, beneficiando anche della compensazione, indicando i codici tributo che saranno resi noti con apposita risoluzione.


In caso di pagamento rateale, il numero massimo di rate ammesso è otto, in quanto il valore della lite non supera i 20.000 euro.


Il mancato pagamento anche di una sola delle rate diverse dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, comporta la decadenza dal beneficio della rateazione e l’iscrizione a ruolo dell’intero importo residuo nonché l’applicazione di una sanzione pari al 60% delle somme ancora dovute.


Se non si verifica il versamento integrale del dovuto, la mediazione non si perfeziona e l’atto originario emesso dall’Agenzia delle entrate continua a produrre effetti. Di conseguenza il contribuente può:


- agire in giudizio, costituendosi nella segreteria della Commissioni tributarie;


- desistere dal contenzioso e sottostare alla conseguente riscossione.


COSTITUZIONE IN GIUDIZIO


Se, dopo 90 giorni dalla notifica dell’istanza agli uffici delle entrate, il reclamo non è stato accolto o la mediazione non è giunta a buon fine, decorrono successivi 30 giorni in cui il contribuente può costituirsi in giudizio.


Infatti, come già affermato, la presentazione dell’istanza vale come notificazione del ricorso; ne deriva che, se il contribuente decide di agire in giudizio a seguito di esito negativo del procedimento di mediazione, è tenuto solo a costituirsi in Ctp.


I detti 30 giorni decorrono dal giorno successivo:


- a quello di compimento dei 90 giorni dal ricevimento dell’istanza da parte della Direzione, quando non sia stato comunicato il provvedimento di accoglimento della stessa ovvero non sia stato raggiunto un accordo di mediazione;


- a quello di notificazione del provvedimento con il quale l’Ufficio respinge l’istanza prima del decorso dei predetti novanta giorni;


- a quello di notificazione del provvedimento con il quale l’Ufficio, prima del decorso di novanta giorni, accoglie parzialmente l’istanza.

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