Presidente del Cda e dipendente. C’è incompatibilità: costo indeducibile

Pubblicato il 24 novembre 2021

E’ legittimo il recupero a tassazione nei confronti di una società delle spese dedotte per il costo di lavoro dipendente di soci ed amministratori. La Corte di cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della CTR che aveva affermato la possibilità che il socio amministratore potesse svolgere anche attività di lavoro subordinato.

Cassazione: quando è compatibile la qualifica di lavoratore con quella di amministratore

In realtà, spiega la sentenza n. 36362 pubblicata il 23 novembre 2021, può essere compatibile la posizione di socio di società di capitali con quella di amministratore della stessa, tranne le ipotesi di amministratore unico, presidente del consiglio di amministrazione o di socio “sovrano”. Si chiede, però, che il vincolo di subordinazione risulti da un concreto assoggettamento del socio-dirigente alle direttive ed al controllo dell’organo collegiale amministrativo (è stato affermato che la qualità di socio ed amministratore di società composta da due soli soci, entrambi amministratori, sia compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato, anche a livello dirigenziale).

Va però verificato lo svolgimento di mansioni diverse da quelle della carica sociale rivestita.

In mancanza di ciò, specifica la Corte, non si ritiene sussistente un rapporto di lavoro subordinato anche osservando un determinato orario di lavoro e percependo una retribuzione regolare.

Invece, quando la persona riveste la posizione di amministratore unico non è configurabile il vincolo di subordinazione perché manca la soggezione del prestatore ad un potere sovraordinato di controllo e disciplina.

Presidente del Cda non può svolgere attività dipendente

Pertanto, alla persona che ricopre l’incarico di presidente del Cda è inibito svolgere attività di lavoro subordinato in seno alla stessa società; ma se il socio è membro del Cda occorre verificare in concreto l’esistenza di un parallelo rapporto di lavoro subordinato, fondato o meno sul potere direttivo, gerarchico e disciplinare nei suoi confronti.

In conclusione, la sentenza n. 36362/2021 contiene il seguente principio di diritto a cui si dovrà attenere il giudice di appello, in diversa composizione: “In tema di imposte sui redditi sussiste l’assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di presidenza del consiglio di amministrazione o di amministratore unico della stessa, in quanto il cumulo nella stessa persona dei poteri di rappresentanza dell’ente sociale, di direzione, di controllo e di disciplina rende impossibile quella diversificazione delle parti del rapporto di lavoro e delle relative distinte attribuzioni che è necessaria perché sia riscontrabile l’essenziale ed indefettibile elemento della subordinazione, con conseguente indeducibilità dal reddito della società del relativo costo da lavoro dipendente”.

Per quanto riguarda la compatibilità della qualifica di socio amministratore, membro del Cda, con quella di lavoratore dipendente, ai fini della deducibilità del costo, non ci si deve fermare ad una verifica formale dovendo accertare in concreto la sussistenza o meno di un vincolo di subordinazione gerarchica ed in particolare lo svolgimento di mansioni diverse da quelle della carica sociale.

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