Prelievi e assegni circolari senza contabili? Il bancario rischia il licenziamento

Pubblicato il 10 giugno 2022

Legittimo il licenziamento per giusta causa comminato al dipendente di banca a seguito dell'effettuazione di una serie di operazioni irregolari per importi di rilevante ammontare.

E' quanto confermato dalla Suprema corte con sentenza n. 17597 del 31 maggio 2022, pronunciata in rigetto delle doglianze di una lavoratrice, alla quale il datore di lavoro, un istituto di credito, aveva comunicato il recesso senza preavviso.

Alla stessa era stato contestato di aver effettuato prelievi in contanti ed emissioni di assegni circolari in assenza delle contabili e della necessaria modulistica ovvero sulla base di contabili prive della sottoscrizione dei clienti.

La Corte di appello aveva ritenuto che i fatti a lei addebitati fossero stati specificatamente contestati mediante elementi di fatto necessari per predisporre le relative difese.

Di tali condotte era stata offerta una prova "rassicurante" atteso, in primo luogo, che il nome utente relativo alle operazioni attenzionate era riferibile alla lavoratrice, come risultava, peraltro, anche dalla relazione dell'audit depositata in giudizio, non disconosciuta in sede di reclamo.

Inoltre, il responsabile del servizio audit che aveva effettuato i controlli, escusso in sede di prova testimoniale, aveva ribadito la riferibilità alla lavoratrice delle operazioni oggetto di verifica.

Particolare rilevanza probatoria era stata poi assegnata anche alla traccia informatica rilevata, non essendo stata offerta, peraltro, una plausibile versione alternativa dei fatti in presenza di un dato così rilevante.

I giudici di gravame, ciò posto, avevano ritenuto del tutto proporzionata la sanzione comminata alla prestatrice rispetto ai fatti addebitati.

La ricorrente si era opposta alle conclusioni rese dalla Corte territoriale, denunciando, tra i motivi di ricorso, la violazione dell'art. 2106 e dell'art. 18 comma 4 della Legge n. 300/1970 sull'assunto che, nella valutazione di proporzionalità della sanzione, non fosse stato tenuto conto dell'effettiva gravità della condotta, dell'intensità dell'elemento soggettivo, della disparità di trattamento rispetto a quello riservato ad altri dipendenti.

La donna aveva inoltre evidenziato che il regolamento disciplinare, adottato dal datore di lavoro, sanzionava con il licenziamento condotte diverse da quelle contestate all'odierna ricorrente.

Operazioni irregolari per importi rilevanti? Licenziamento per giusta causa

La Suprema corte ha ritenuto infondate le doglianze sollevate dalla lavoratrice, dopo aver ricordato che l'attività di integrazione del precetto normativo di cui all'art. 2119 cod.civ. - che prevede il licenziamento senza preavviso per il caso in cui si verifichi una "causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto", norma c.d. elastica - è demandata al giudice di merito il quale "è tenuto a verificare la riconducibilità della condotta contestata ed in concreto accertata nella nozione di giusta causa di licenziamento sulla base di un procedimento sussuntivo che richiede al giudice di procedere in sede interpretativa alla selezione delle condotte valorizzando sia fattori esterni relativi alla coscienza generale che principi dalla stessa disposizione implicitamente richiamati".

Giusta causa: nozione elastica, valutazione al giudice di merito

Quella di "giusta causa" è una nozione articolata e mutevole nel tempo, ascrivibile alla tipologia delle c.d. clausole generali e astratte, un modulo generico che richiede di essere specificato in sede interpretativa. Si tratta di specificazioni del parametro normativo che hanno natura giuridica la cui contestazione ed eventuale disapplicazione è perciò deducibile in sede di legittimità come violazione di legge. Al contrario l'accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni, e della loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile, in Cassazione, se privo di errori logici o giuridici.

La Corte di gravame, nella specie, si era attenuta a tali principi: essa, all'esito dell'esame delle condotte risultate provate nel corso del giudizio ne aveva evidenziato l'estrema gravità tenendo conto, oltre che del dato oggettivo dell'entità delle somme oggetto degli illeciti prelievi anche del contesto in cui esse si erano verificate.

Si era trattato di un apprezzamento dei fatti acquisiti che la lavoratrice voleva ora ribaltare, proponendone una diversa ed alternativa valutazione, inammissibile in sede di legittimità. 

Del resto, non si poteva dubitare della sussumibilità della condotta contestata nella nozione di giusta causa, sotto il profilo della idoneità della stessa a ledere il vincolo fiduciario con il datore di lavoro.

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