Il possessore di una casa valutata come "non idonea" all'uso abitativo, sia per circostanze di natura oggettiva (come in caso di inabitabilità) che di natura soggettiva (nel caso, ad esempio, in cui l’immobile sia inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative), può ugualmente godere dell'agevolazione per l’acquisto della prima casa.
Difatti, la normativa di riferimento subordina l'applicazione del beneficio in parola all'acquisto di un'unità immobiliare da destinare a propria abitazione nel comune di residenza o (se diverso) ove si svolge la propria attività, alla circostanza del non possesso di altro immobile "idoneo" ad essere destinato a tale uso e alla dichiarazione formale, posta nell'atto di compravendita, di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l'immobile acquistato.
Se dunque il fabbricato non è idoneo, rimane comunque la possibilità di godere del beneficio per l’acquisto di un nuovo immobile.
Non solo. Ha diritto alla suddetta agevolazione anche chi, al momento dell'acquisto, sia proprietario di altro immobile utilizzato come studio professionale e, quindi, in concreto non idoneo ad essere abitato, allorquando ciò sia "comprovato dal successivo accatastamento in A/10”.
E’ sulla scorta di queste considerazioni che la Corte di cassazione, con ordinanza n. 27376 del 17 novembre 2017, ha cassato, con rinvio, la decisione di merito pronunciata nei confronti di un contribuente che aveva chiesto l’annullamento di un avviso di liquidazione con cui gli erano stati negati i benefici "prima casa" riguardo ad un acquisto immobiliare.
La fattispecie dovrà quindi essere riesaminata nel merito, alla luce dei ricordati principi in quanto – si legge nella decisione di legittimità – la sentenza d'appello aveva trascurato i dovuti rilievi dichiarativi e catastali, discostandosi dai superiori principi di diritto.
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