Come noto, l'art. 2110, Cod. Civ., tutela i lavoratori dipendenti dagli eventi di infortunio, malattia, gravidanza o puerperio, prevedendo una sospensione del rapporto di lavoro con diritto alla retribuzione ovvero ad un'indennità nella misura e per il tempo determinato dalla legge o dalla contrattazione collettiva applicata, nonché alla conservazione del posto di lavoro. Ma, come si colloca il periodo di malattia legato alle patologie conseguenti all'infezione da Covid-19?
Durante la sospensione del rapporto di lavoro per gli eventi in premessa, il datore di lavoro non è vincolato sine die alla conservazione del posto di lavoro, potendo recedere unicamente nei casi di licenziamento sorretto da giusta causa ovvero per giustificato motivo oggettivo ex art. 2118, Cod. Civ., qualora il dipendente superi il periodo stabilito dalla legge ovvero previsto dalla contrattazione collettiva applicabile alla fattispecie. In tal senso, decorso il periodo protetto il datore di lavoro può procedere al recesso dal rapporto a prescindere dalla sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo. È, dunque, possibile definire il periodo di comporto come quell'arco temporale in cui il dipendente, pur assente dal lavoro, conserva il diritto al mantenimento del posto di lavoro.
Per quanto attiene alle modalità di computo del periodo tutelato - anch'esso generalmente previsto dalla contrattazione collettiva - è possibile far riferimento alle seguenti ipotesi:
Altresì, è assai consueto che le medesime parti sindacali possano prevedere differenti periodi di comporto secondo l'anzianità di servizio del prestatore di lavoro subordinato.
In assenza di previsioni concordate dalle parti sociali ed esclusivamente per i lavoratori dipendenti con categoria legale di impiegato la durata del periodo di comporto è rinvenibile nell'art. 6, comma 4, Regio Decreto Legge 13 novembre 1924, n. 1825, e pari a:
Tali regole sono vigenti solo in assenza di specifiche condizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.
CCNL più comuni |
Periodo di comporto |
Alimentari Industria |
Sei mesi per i lavoratori con anzianità di servizio fino a cinque anni compiuti da computarsi durante i diciassette mesi antecedenti. Dodici mesi per i lavoratori con anzianità di servizio superiore a cinque anni da computarsi nei ventiquattro mesi antecedenti. Per entrambe le fattispecie il periodo di comporto dovrà essere considerato anche per sommatoria. Deroghe esplicite per particolari patologie. |
Barbieri e parrucchieri |
Nove mesi per i lavoratori con anzianità di servizio fino a cinque anni. Dodici mesi per i lavoratori con anzianità di servizio oltre cinque anni. Entrambi i periodi devono essere considerati in un arco temporale di ventiquattro mesi. Deroghe esplicite per patologie oncologiche. |
Commercio Confcommercio |
Il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di 180 giorni in un anno solare (365 giorni decorrenti da una qualsiasi data dell'anno). |
Farmacie |
Il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di 180 giorni in un anno solare, prolungabile per ulteriori 120 giorni su richieste del lavoratore (aspettativa senza diritto alla retribuzione) e per specifiche patologie. |
Metalmeccanica industria |
Il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto per un periodo massimo di: a) 183 giorni di calendario per anzianità di servizio fino a 3 anni compiuti; b) 274 giorni di calendario per anzianità di servizio oltre tre anni e fino a sei anni compiuti; c) 365 giorni di calendario per anzianità di servizio oltre sei anni. I predetti periodi devono essere computati in eventi verificatesi nei tre anni antecedenti ogni nuovo ultimo episodio morboso. Sono previste espresse deroghe di comporto prolungato. |
Pubblici esercizi Confcommercio |
Il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo massimo di 180 giorni per anno, intendendosi per tale il periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre. Prolungamento del periodo di ulteriori 120 giorni in particolari ipotesi espressamente previste. |
Pulizia |
Il diritto alla conservazione del posto di lavoro è pari a complessivi 12 mesi di assenza nell'arco temporale di 36 mesi consecutivi. Superato tale limite, il lavoratore potrà richiedere un periodo di aspettativa senza diritto alla retribuzione per ulteriori quattro mesi. |
Studi professionali |
I lavoratori hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo massimo di 180 giorni di calendario decorrenti dal giorno di inizio di malattia e comunque cumulando nell'anno solare i periodi di malattia inferiori a 180 giorni. Tale periodo andrà verificato in un arco temporale di 365 giorni partendo, a ritroso, dall'ultimo evento morboso. |
Verificate le disposizioni previste dalla contrattazione collettiva, il datore di lavoro, accertato il periodo tutelato, potrà procedere, anche senza informare il dipendente, all'intimazione del licenziamento comunicando il relativo periodo di preavviso. La realizzazione del superamento del periodo di comporto può prevedere particolari eccezioni che trovano fondamento nei principi civilistici di correttezza e buona fede, nonché nella tutela costituzionale prevista dall'art. 2. Fermo restando che il datore di lavoro che intenda procedere al licenziamento dovrà notificare l'atto di recesso con auspicabile tempestività - al fine di renderne la reale volontà che diversamente ben potrebbe essere intesa quale rinuncia alla facoltà di recesso -, appare consigliabile, specie ove sussistano particolari patologie, avvisare il dipendente dell'avvicinarsi del superamento del periodo di comporto.
Per quanto concerne l'atto di recesso per superamento del periodo di comporto, il datore di lavoro potrà omettere di specificare le singole giornate di assenza, potendo ritenersi sufficienti indicazioni più complessive, idonee ad evidenziare il superamento del periodo di comporto in relazione alla disciplina contrattuale applicabile, quali il numero totale di assenze verificatesi in un determinato periodo, fermo restando l'onere, nell'eventuale sede giudiziaria, di allegare e provare, compiutamente, i fatti costitutivi del potere esercitato (Cass. n. 22998/2020 - Cass. n. 5752/2019).
Nel calcolo dei giorni utili al computo del superamento del periodo di comporto andranno inclusi anche i giorni festivi e quelli non lavorativi che cadono all'interno dei certificati di malattia prodotti. Altresì, si rammenta che le assenze per malattia imputabile al datore di lavoro - es. ambiente di lavoro o causata da violazioni in materia di sicurezza sul lavoro -, non sono computabili nel periodo di comporto.
Con l'art. 26, Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, n. 27, i periodi trascorsi in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva dai lavoratori dipendenti del settore privato sono equiparati a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non sono computabili ai fini del periodo di comporto.
Le istruzioni dell'Istituto previdenziale giungono con il messaggio INPS 24 giugno 2020, n. 2584, secondo cui il riconoscimento del trattamento economico-previdenziale e la relativa non imputabilità al periodo di comporto avviene esclusivamente per i seguenti procedimenti di natura sanitaria:
Altresì, alla luce dell'evoluzione del contesto epidemiologico, ulteriori indicazioni sono state fornite con il Messaggio INPS 9 ottobre 2020, n. 3653, in relazione con il citato art. 26.
In particolare, per quanto attiene i lavoratori in quarantena (art. 26, comma 1) ed i lavoratori in sorveglianza precauzionale (art. 26, comma 2), che non presentino un'incapacità lavorativa temporanea assoluta - tipica di una patologia in fase acuta tale da impedire lo svolgimento di attività lavorativa - non è possibile ricorrere alla tutela previdenziale della malattia o della degenza ospedaliera. Invero, anche in ragione degli incentivi - procedimentali - al ricorso allo svolgimento delle prestazioni lavorative con modalità agile, appare possibile ricorrere, sulla base degli accordi assunti con il datore di lavoro, all'esecuzione della prestazione lavorativa presso il proprio domicilio. Certamente, nei casi di malattia conclamata (art. 26, comma 6) il lavoratore è temporaneamente incapace al lavoro e, come tale, ha diritto a ricevere la corrispondente prestazione previdenziale.
Ai fini della gestione degli eventi correlati all'infezione da Covid-19, si rammenta che il lavoratore destinatario dei trattamenti di integrazione salariale determina la sospensione degli obblighi contrattuali con l'azienda, con conseguente venir meno della possibilità di richiedere la specifica tutela prevista in caso di malattia. Come noto, al riguardo, il trattamento di integrazione salariale prevale sull'indennità economica di malattia, nei termini già espressi dall'Istituto previdenziale nel messaggio INPS 30 aprile 2020, n. 1822.
Si rileva, infine, che, ad oggi, nessuna tutela specifica è stata prevista per le successive malattie o periodi di convalescenza comunque correlati al Covid-19.
QUADRO NORMATIVO Decreto Legge 17 marzo 2020, n. 18 (Testo coordinato, Legge 24 aprile 2020, n. 27) |
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