Poche mail pubblicitarie Nessun danno

Pubblicato il 09 febbraio 2017

Dieci email indesiderate, di contenuto pubblicitario, inviate in tre anni non possono aver prodotto un danno risarcibile.

Al più, possono aver costituito un modesto disagio o fastidio, connesso ad un uso ordinario del computer, senz’altro tollerabile.

E’ quanto sostenuto dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 3311 dell’8 febbraio 2017, con la quale è stata ritenuta adeguata ed incensurata la motivazione con cui i giudici di merito avevano rigettato la domanda di risarcimento avanzata da un avvocato nei confronti di una società per il fatto di aver ricevuto, senza il suo consenso, vari messaggi di posta elettronica al proprio indirizzo mail.

Il rigetto era motivato dal fatto che, a prescindere dai profili relativi alla legittimità del trattamento dei dati personali, non vi era alcuna prova dell’esistenza e dell’entità del danno, avendo la convenuta inviato solo 10 email nell’arco di tre anni.

Risarcibilità danno da violazione privacy

La Suprema corte ha, con l'occasione, precisato che anche il danno non patrimoniale risarcibile ai sensi dell’articolo 15 del Codice della privacy è soggetto alla verifica della gravità della lesione e della serietà del danno, benché sia determinato da una lesione del diritto fondamentale alla protezione dei dati personali tutelato dagli articoli 2 e 21 della Costituzione e dall’articolo 8 della Cedu.

Per lo stesso, opera il bilanciamento con il principio di solidarietà ex articolo 2 della Costituzione, di cui il principio di tolleranza della lesione minima è “intrinseco precipitato”.

Ne discende che costituisce lesione ingiustificabile del diritto non la mera violazione delle prescrizioni poste dall’articolo 11 del medesimo codice ma solo quella che ne offenda in modo sensibile la sua portata effettiva.

Ed il relativo accertamento di fatto  - si legge nella sentenza n. 3311/2017 - è rimesso al giudice di merito, accertamento che, nella specie, è stato ritenuto immune da censure.

Condanna ricorrente per responsabilità aggravata

Ma non è tutto. I giudici di legittimità, nel confermato la decisione di merito, hanno, addirittura, accolto l’istanza di condanna del ricorrente per responsabilità aggravata ex articolo 96, terzo comma, Codice di procedura civile, sull’assunto che l’avvocato aveva percorso tutti i gradi di giudizio per un danno, dallo stesso indicato in 360 euro, ipotetico e futile, consistente al più in un modesto disagio o fastidio, senz’altro tollerabile.

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