La Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento per giustificato motivo soggettivo irrogato al dipendente di una Srl a cui erano state contestate plurime inadempienze e trascuratezze circa le proprie mansioni.
Questo, con particolare riferimento alle modalità di redazione del piano finanziario della società, rientrante tra le competenze attribuite al prestatore già a decorrere dal momento della sua assunzione presso la datrice, e che, sulla base di una formazione professionale progressiva, era poi diventata la sua mansione centrale.
Rispetto al primo grado, in cui era stato confermato un recesso per giusta causa, i giudici di gravame avevano ritenuto che la base giustificativa del licenziamento andasse piuttosto rinvenuta nel giustificato motivo soggettivo.
Non si verteva – aveva precisato la Corte d’appello - nell'ambito di trasgressioni incidenti sul vincolo fiduciario, tali da imporre il licenziamento per giusta causa, ma di inadempimenti rilevanti sotto il profilo di una affidabile resa lavorativa, determinate da mancanza di diligenza e impegno professionale.
Da qui il ricorso in sede di legittimità del dipendente, il quale, tra gli altri motivi, si doleva che i giudici di merito avessero posto a fondamento del licenziamento disciplinare il mancato o erroneo espletamento di una mansione che, in realtà, non gli era stata attribuita.
A suo dire, infatti, la redazione e revisione del piano finanziario aziendale aveva costituito una mansione nuova, la cui corretta esecuzione non poteva quindi essere posta a base del licenziamento disciplinare.
Motivo, questo, respinto dalla Suprema corte nella sentenza n. 13625 del 2 luglio 2020: tale doglianza - veicolata per il tramite dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ. – costituiva, in realtà, una censura fattuale che mirava ad una diversa ricostruzione della fattispecie oltre che ad un’inammissibile diversa valutazione delle risultanze istruttorie di primo grado e, come tale, non poteva trovare accoglimento.
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