Con la circolare n. 3 del 26 febbraio 2018, l’Agenzia delle Entrate analizza il regime fiscale agevolato dei piani di risparmio a lungo termine (cosiddetti “Pir”), affrontando gli aspetti problematici della disciplina che sono emersi durante il primo anno di applicazione della stessa.
Rispondendo ad una serie di domande, la circolare scioglie i dubbi di intermediari, investitori e associazioni di categoria (ABI, ANIA, Assogestioni) su questo particolare incentivo fiscale, introdotto dalla Legge di bilancio 2017, che ha previsto un regime di non imponibilità dei redditi, di capitale e diversi, di natura finanziaria derivanti da determinati investimenti operati tramite piani individuali di risparmio a lungo termine.
I redditi generati da questi prodotti finanziari, oltre a non essere tassati come redditi di capitale e diversi di natura finanziaria, sono anche non imponibili ai fini dell’imposta di successione.
Obiettivo della disciplina è quello di canalizzare il risparmio delle famiglie verso gli investimenti produttivi in modo stabile e duraturo, facilitando la crescita del sistema imprenditoriale italiano. Di fatto, con i Pir si vuole far sì che il risparmio delle famiglie venga convogliato verso strumenti finanziari di imprese industriali e commerciali italiane ed estere radicate in Italia per le quali è difficile l’approvvigionamento attraverso i canale bancario.
Condizione per fruire del regime di non imponibilità è effettuare investimenti in attività finanziarie riconducibili ad imprese italiane ed estere (radicate in Italia), rispettando determinati vincoli di composizione, limiti di concentrazione e divieti, oltre che mantenere gli investimenti per almeno 5 anni.
La circolare n. 3/E/2018, dopo aver riassunto il quadro normativo di riferimento, si sofferma su alcuni aspetti più problematici dei piani individuali di risparmio a lungo termine, sui quali il Mef, lo scorso mese di ottobre, aveva già pubblicato le linee guida.
Il regime di esenzione si applica alle persone fisiche “fiscalmente” residenti nel territorio dello Stato, che conseguono redditi di natura finanziaria al di fuori dell’esercizio di un’attività di impresa commerciale, quindi nella loro sfera privata, e che conservino tali investimenti per almeno 5 anni presso un intermediario abilitato. Il presupposto della residenza per l’applicazione del regime fiscale deve sussistere al momento di costituzione (o trasferimento) del Pir. Il venire meno della residenza in Italia, quindi, fa venir meno uno dei requisiti previsti dalla Legge per fruire della agevolazione e, dunque, comporta la perdita della stessa; perciò, a decorrere dalla data in cui si considera mutata la residenza, si applica il regime fiscale proprio dei soggetti non residenti.
Analogamente, le somme o i valori destinati al piano non possono essere investiti in strumenti di soggetti residenti in Paesi non collaborativi, così come individuati dal Dm 4 settembre 1996, e il mancato rispetto di tale divieto implica la decadenza dell’agevolazione.
Inoltre, ciascuna persona fisica non può essere titolare di più di un Pir e ciascun Pir non può avere più di un titolare.
Con riferimento ai limiti minimi di età delle persone fisiche che possono essere titolari di un Pir, la normativa non specifica nulla, pertanto l’Agenzia chiarisce, ora, che anche un minore può essere titolare di un Pir.
La circolare, ricorda che i redditi dei beni dei figli minori soggetti all'usufrutto legale dei genitori sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore. Pertanto, il regime di non imponibilità si applica solo se l’usufruttuario, a cui è imputato il reddito finanziario derivante da investimenti in un Pir intestato a un minore, non sia contemporaneamente titolare di altro Pir.
A tal fine, in sede di costituzione del Pir, l’usufruttuario deve dichiarare all’intermediario di non essere titolare di un altro piano a lui intestato e di non essere già usufruttuario di redditi che beneficiano del regime in esame.
Per i redditi dei minori non soggetti ad usufrutto, la richiesta di costituzione del Pir, invece, dovrà essere effettuata dal soggetto delegato ad operare per le posizioni intestate al minore. In questo caso, il soggetto delegato può anche essere intestatario di un proprio Pir.
L’Agenzia specifica alcuni margini di cumulabilità, sostenendo che le misure agevolative sui Pir sono cumulabili con gli incentivi previsti per gli investimenti in Start-up innovative, in quanto l’ambito oggettivo di applicazione delle due misure è differente. Infatti, gli incentivi per gli investimenti in Start-up innovative hanno ad oggetto gli investimenti effettuati dai soggetti Irpef e Ires nel capitale sociale di Start-up innovative, mentre nel perimetro dei Pir rientrano gli investimenti effettuati dalle persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di un'attività di impresa commerciale, in strumenti finanziari mediante un piano di risparmio a lungo termine.
Con riferimento all’ambito oggettivo, l’Agenzia specifica che: l'importo investito complessivamente nei Pir dai risparmiatori non può superare i 150 mila euro, con il limite di 30 mila euro per ciascun anno solare. In caso di investimento di cifre più contenute da parte del contribuente, il raggiungimento del suddetto plafond può avvenire anche in un periodo di tempo superiore ai cinque anni.
Per beneficiare del particolare regime di non imponibilità, devono essere privilegiati gli investimenti “made in Italy”.
Pertanto, almeno il 70% del totale deve essere investito a tale scopo. Di tale quota, un minimo del 30% va riservato a titoli emessi da società non quotate sull'indice Ftse Mib o su indici equivalenti di altri mercati esteri, mentre il restante 70% può essere utilizzato per comprare strumenti finanziari di aziende quotate sugli indici principali.
Il rimanente 30% del patrimonio conferito nel Pir rappresenta la parte libera, utilizzabile per sottoscrivere asset non qualificati, titoli di stato italiani o esteri oppure impieghi in liquidità, quali depositi e conti correnti.
Per quanto concerne la composizione dei Pir, l’Agenzia delle Entrate precisa che sono ammessi anche strumenti finanziari derivati, ma solo se si rispettano certe condizioni.
Infatti, in linea generale si riconosce che gli strumenti derivati, ossia gli strumenti finanziari il cui valore “deriva” dal valore di un’altra attività finanziaria/reale “sottostante”, non possono beneficiare della disciplina dei Pir, dal momento che le loro caratteristiche non si conciliano con la ratio della disciplina in esame.
Tuttavia, l’Agenzia apre a questi strumenti finanziari per ragioni di diversificazione e consente ai derivati di essere ammessi nei Pir, ma solo con finalità di copertura dai rischi - al fine di ridurre il rischio degli investimenti qualificati nel caso di investimenti effettuati attraverso Oicr «Pir compliant» - e comunque non oltre il 30% del patrimonio.
In più, anche nel caso dei derivati di copertura, i redditi che superano l’ammontare necessario per la copertura delle perdite degli investimenti qualificati detenuti nel Pir sono assoggettati a tassazione ordinaria.
Nella circolare 3/E/2018, infine, si analizza anche il caso di dismissione dell’investimento prima del quinquennio o di mancato rispetto delle condizioni previste dalla Legge.
Nelle circostanze suddette i redditi percepiti sono soggetti a tassazione secondo le regole ordinarie e senza applicazione delle sanzioni.
In caso, invece, di attività ceduta o rimborsata è possibile restare nel regime agevolato previsto dal Pir se entro 90 giorni viene effettuato il reinvestimento in altri strumenti finanziari, nel rispetto dei vincoli di investimento previsti dal regime. In caso contrario, invece, il versamento delle imposte e degli interessi va effettuato entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui cade il termine ultimo per il reinvestimento.
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